Ragazzi, il vero segreto è nella testa: la mia storia con il cardio

piotrra

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6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
 
Ehi, compagno di viaggio, la tua storia mi ha fatto sorridere! Quel “clic” nella testa di cui parli lo capisco benissimo. Io ho trovato la mia strada con la keto, sai? Non solo cardio, ma anche grassi buoni e zero zuccheri. Tipo, ieri mi sono fatto una crema di avocado con semi di chia – una bomba di energia per affrontare la giornata. La costanza è tutto, come dici tu, e il cardio con la keto mi ha trasformato: da 90 a 68 chili, e ora mi sento leggero pure nei pensieri. Un passo alla volta, che sia corsa o un cucchiaio di burro di mandorle!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
Ehi, compagno di strada, la tua tisana mi ha fatto venir voglia di scriverti! La tua storia mi ha colpito dritto al cuore, sai? Quel passaggio da 110 a 75 chili è una di quelle cose che ti fanno dire “cavolo, se lui ce l’ha fatta, forse posso provarci anch’io”. E quel tuo modo di raccontare il cardio, come un dialogo con te stesso, mi ha fatto ripensare al mio percorso, che magari è diverso, ma ha lo stesso sapore di rinascita.

Io sono nel bel mezzo del mio “100 giorni senza zucchero”, e credimi, all’inizio è stata dura. Altro che elefante sul tapis roulant, mi sentivo proprio un bradipo in crisi d’astinenza! Le prime due settimane sono state un incubo: mal di testa, voglia di buttarmi su una torta intera, e quella sensazione di “ma perché sto facendo questo?”. Però poi, piano piano, è cambiato tutto. È come se il mio corpo avesse detto “ok, ci sto, vediamo dove mi porti”. E sai una cosa? Senza tutto quello zucchero che mi appannava, ho iniziato a sentire i sapori veri. Il caffè amaro, che prima mi sembrava una punizione, ora è un piacere. Una mela mi sembra dolce come non mai. È strano, no? Togli una cosa e scopri un mondo.

Il cardio non è ancora il mio forte come lo è per te, ma mi hai fatto venir voglia di provarci sul serio. Magari comincio con quelle camminate veloci che dici tu, col parco vicino casa e una playlist che mi spinge a non mollare. Vasco potrebbe funzionare anche per me, chissà. Quello che mi piace del tuo racconto è che non parli di magie o di sacrifici impossibili, ma di costanza, di pazienza. Io sto imparando proprio questo: darmi tempo, non arrabbiarmi se un giorno sgarro o se mi sento stanco. È un viaggio, non una corsa contro il tempo.

La tua frase sul “perché” mi ha fatto riflettere. Io ho iniziato questo malfone senza zucchero perché volevo sentirmi più leggero, non solo nel corpo, ma proprio nella testa. Quei giorni in cui ti svegli e ti senti un po’ meno in trappola, un po’ più te stesso. Ora che ci penso, forse il cardio potrebbe essere il prossimo passo per dare una spinta in più a questa sensazione. Non per dimagrire e basta, ma per stare bene, per guardarmi allo specchio e pensare “ehi, sto facendo qualcosa di bello per me”.

Grazie per aver condiviso il tuo pezzo di strada. Mi hai ricordato che non serve strafare, ma solo iniziare, un passo alla volta. Magari tra qualche mese ti scrivo di nuovo e ti dico com’è andata con le mie camminate – o chissà, magari con una corsa vera e propria. Intanto, continua a correre per sentirti libero, te lo meriti proprio! E noi qui, un respiro alla volta, ci proviamo insieme.
 
Ehi, piotrra, ti leggo con la tua tisana e la tua storia strappalacrime e mi viene da sbottare: ma davvero pensi che il cardio sia la soluzione a tutto? Guarda, ti do ragione su una cosa: la testa è il motore, sì, ma non mi venire a dire che bastano due corsette e una playlist di Vasco per sistemare anni di disastri. Io sono uno che ci è passato, e ti parlo dritto: il vero schifo non è solo il peso, è quello che ti frega di notte, quando ti alzi e ti piazzi davanti al frigo come un disperato. Altro che “un passo alla volta”, qua serve una guerra!

Io ho buttato giù 20 chili con il digiuno intermittente, il 16/8, non con le tue camminate da parco. Funziona così: 16 ore senza toccare niente, solo acqua, tè, caffè nero – niente schifezze zuccherate – e poi 8 ore dove mangi, ma non ti strafoghi come un maiale. All’inizio è un inferno, te lo dico senza giri di parole. La fame ti morde lo stomaco, la testa ti urla di mollare, e tu sei lì che ti maledici per averci anche solo pensato. Ma dopo una settimana? Il corpo si sveglia. Non hai più quel buco nello stomaco alle tre di notte che ti spinge a saccheggiare la dispensa. E sai perché? Perché gli hai insegnato chi comanda.

Il tuo cardio va bene per chi ha tempo da perdere, ma qua si parla di risultati veri. Io non avevo voglia di arrancare come un elefante sudato, volevo vedere la bilancia scendere e sentirmi meno uno straccio. E il digiuno me l’ha dato. Non è per i deboli, chiaro: se non hai disciplina, ti ritrovi a piangere su un piatto di pasta dopo tre giorni. La chiave è non cedere, mai. Altro che pazienza, qua serve fegato. Le prime volte che saltavo la colazione e vedevo gli altri mangiare mi giravano le scatole, ma poi ho capito: sto cambiando, sto vincendo.

E tu col tuo “non strafare” mi fai quasi ridere. Se non ti spingi oltre, resti fermo, punto. Io ho imparato a ignorare le ginocchia che si lamentano, la pioggia, il freddo – tutto. Perché se aspetti il momento perfetto, non inizi mai. Il digiuno mi ha messo in riga anche la testa: niente più scuse, niente più “domani faccio meglio”. E sì, mi capita ancora di svegliarmi di notte, ma ora non mi serve aprire il frigo per sentirmi a posto. Mi basta sapere che sto tenendo duro.

Il tuo “perché” è carino, ma il mio è più tosto: non volevo più essere quello che si nasconde nelle maglie larghe, che si giustifica con “è solo un po’ di pancia”. Io ho preso il digiuno e l’ho fatto mio, non come un gioco da passeggiata. Tu corri per sentirti libero? Bene, io digiuno per sentirmi forte. E a chi legge dico: basta chiacchiere, provateci sul serio. Niente spuntini notturni, niente cazzate. Sedici ore di digiuno e otto di controllo. Se ce l’ho fatta io, che ero un disastro ambulante, potete farcela anche voi. Ma muovetevi, che la vita non aspetta!
 
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Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
Ehi, compagni di sudore! Leggere la tua storia mi ha fatto venire i brividi, sai? Quel “clic” nella testa di cui parli, quel momento in cui capisci che lo fai per te stesso, è pura magia. E visto che hai condiviso il tuo viaggio con il cardio, mi butto anch’io per raccontarvi come l’intervallo di digiuno, o come lo chiamo io, il mio “16/8”, mi ha cambiato la vita. Non solo il corpo, ma proprio il modo in cui vedo il cibo, il tempo e me stesso.

Partiamo dal principio: anch’io, come te, ero lontano anni luce dall’idea di sentirmi “leggero”. Pesavo 95 chili, e non era solo il peso, era quella sensazione di essere sempre stanco, di non avere controllo. Poi ho scoperto il digiuno intermittente, e non sto parlando di quelle diete da fame che ti fanno sognare pizze di notte. Parlo di un ritmo, un po’ come il tuo cardio, che mi ha insegnato a gestire il mio corpo e la mia mente.

Il 16/8, per chi non lo conosce, significa digiunare per 16 ore e mangiare in una finestra di 8 ore. Sembra una follia all’inizio, tipo “come faccio a non mangiare per così tanto?”. Ma la verità è che non è così complicato. Io, per esempio, salto la colazione (tanto il caffè nero è permesso) e faccio il primo pasto verso mezzogiorno. Poi ceno entro le 20. Non è una regola ferrea, è più un’abitudine che ti costruisci piano piano.

La cosa bella? Non è solo questione di calorie. Certo, mangiando in meno tempo tendi a consumare meno, ma il vero segreto è come ti senti. Io ho iniziato a notare che durante le ore di digiuno non avevo più quella fame da lupo che mi faceva aprire il frigo ogni due ore. Il mio corpo si è abituato, e la sensazione di sazietà durante i pasti è diventata… non so, più intensa, più gratificante. È come se il cibo avesse più sapore, perché lo apprezzi di più.

Errori da evitare? Ne ho fatti tanti, eh. All’inizio volevo strafare: digiunavo troppo a lungo o mi abbuffavo nella finestra di 8 ore pensando “tanto poi digiuno”. Sbagliato. Il digiuno intermittente non è una scusa per mangiare schifezze o per punirti. Devi nutrirti bene, con proteine, verdure, grassi sani. Io, per esempio, mi preparo un piatto gigante con pollo, avocado e un sacco di verdure colorate. Ti senti pieno, soddisfatto, e il corpo ti ringrazia.

Un altro errore classico è non ascoltare il tuo corpo. Se un giorno sei stanco o stressato, magari accorcia il digiuno o mangia qualcosa di leggero fuori dalla finestra. Non è una religione, è uno stile di vita. E poi, l’acqua. Ragazzi, bevete come se foste cammelli! L’acqua aiuta a tenere a bada la fame e ti fa sentire più energico.

Adattarlo alla tua vita è la chiave. Io lavoro in ufficio, quindi mi porto il pranzo da casa e ceno presto con la famiglia. Se hai orari strani, tipo turni di notte, puoi spostare la finestra di cibo in base alle tue esigenze. L’importante è trovare un ritmo che non ti stressi. E non avere paura di sperimentare: magari inizi con 12 ore di digiuno e poi aumenti. Non c’è una gara, proprio come dici tu con il tuo cardio.

Le difficoltà? Ci sono, eccome. I primi giorni mi sembrava di avere un leone nello stomaco, e le cene con gli amici erano un incubo. “Dai, mangia un pezzo di torta, che sarà mai!”. Ma poi ho imparato a dire di no senza sentirmi in colpa, e a godermi il cibo quando era il momento. E sai una cosa? Più vai avanti, più diventa facile. Il tuo corpo si adatta, la tua testa pure.

Ora, dopo un anno e mezzo, sono a 72 chili. Ma non è solo il peso. È che mi sento… libero. Libero dalla voglia costante di snack, libero da quella nebbia mentale che mi faceva sentire sempre in colpa per quello che mangiavo. Il digiuno intermittente mi ha insegnato a essere paziente, a rispettare i miei tempi, a capire che il cibo non è il mio capo, ma un alleato.

Il mio consiglio finale? Trova il tuo “perché”, come hai fatto tu con il cardio. Per0 Per me era sentirmi energico, guardarmi allo specchio e sentirmi fiero di me stesso. Ogni ora di digiuno è un piccolo “ce la stai facendo” che ti dici. E quando mangi, goditelo. Non è solo cibo, è il modo in cui ti prendi cura di te.

Forza, ragazzi, un passo alla volta, un pasto alla volta. La testa è il motore, il digiuno è solo la strada. E se ce l’ho fatta io, che pensavo che saltare la colazione fosse un crimine, ce la potete fare anche voi!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
Ehi, guerriero del cardio, che storia pazzesca hai condiviso! Seduto qui con la mia bottiglia d’acqua, leggendo il tuo post, mi sono rivisto in tante delle cose che hai scritto. Quel “clic” nella testa di cui parli? Lo capisco fin troppo bene. Anche per me il viaggio del dimagrimento non è stato solo una questione di bilancia, ma di trovare un modo per sentirmi vivo, forte, parte di qualcosa di più grande. E sai una cosa? Per me quel “qualcosa” sono state le lezioni di gruppo.

Io sono uno di quelli che si gasa con l’energia della squadra. Ho iniziato con la zumba, un po’ per caso, trascinato da un’amica che non smetteva di parlarmene. All’inizio mi sentivo un pesce fuor d’acqua: coordinazione zero, fiato corto, e la sensazione di essere l’unico in sala a non azzeccare un passo. Però c’era la musica, il ritmo, e quel gruppo di persone che, anche senza conoscersi, sembrava spingerti a non mollare. È come se l’energia di tutti si mescolasse e ti desse una spinta in più, sai? Da lì non mi sono più fermato: zumba, pilates, e ora sto provando anche il boxe, che è una scarica di adrenalina pazzesca.

Quello che mi piace delle lezioni di gruppo è il senso di comunità. Non sei solo tu contro il tuo corpo o i tuoi dubbi. C’è l’istruttore che ti corregge, la tipa accanto che ti sorride quando sbagli un movimento, il tizio che arriva sempre in ritardo e ti fa sentire meno in colpa se un giorno non sei al top. È come avere una squadra che tifa per te, anche nei giorni in cui tu stesso non ci credi. E credimi, di giorni così ne ho avuti tanti. Tipo quando piove a dirotto e l’idea di uscire di casa sembra una missione impossibile, o quando la bilancia non si muove nonostante tutto l’impegno. In quei momenti, sapere che c’è un gruppo che ti aspetta, che conta su di te, fa la differenza.

Un consiglio per chi magari sta pensando di provare? Scegliete una classe che vi faccia divertire. Non deve essere per forza la più intensa o quella che brucia più calorie. Se vi piace la musica, provate zumba o una lezione di dance fitness. Se volete lavorare sulla forza e la calma, il pilates è perfetto. E se avete bisogno di sfogarvi, il boxe è come una terapia: colpisci il sacco e lasci lì tutte le preoccupazioni. L’importante è trovare qualcosa che vi faccia tornare, che vi faccia dire “ok, ci riprovo domani”. E non abbiate paura di sentirvi fuori posto all’inizio: tutti in quella sala sono stati principianti, anche quelli che ora sembrano professionisti.

Un’altra cosa che ho imparato? Le lezioni di gruppo mi hanno insegnato ad ascoltare il mio corpo. Non solo a spingerlo, ma anche a rispettarlo. Tipo, dopo una sessione intensa, mi piace prendermi cura di me con uno spuntino che mi dia energia, come una manciata di mandorle o dei semi di chia mescolati nello yogurt. Non è solo cibo, è un modo per dire al mio corpo “grazie per avercela messa tutta”. E questo mi aiuta a non vedere l’allenamento come una punizione, ma come un regalo.

Il tuo post mi ha fatto riflettere su quanto la testa sia davvero il motore di tutto. Per me, le lezioni di gruppo sono come una ricarica per la mente: esco stanco ma felice, con la sensazione di aver fatto qualcosa di buono per me stesso. E come dici tu, non è una gara contro gli altri, ma un passo alla volta verso una versione di noi che ci piace di più. Quindi, grazie per aver condiviso la tua storia, mi ha dato una bella carica. E a chi legge: provate una lezione di gruppo, magari è la scintilla che vi serve per trovare il vostro ritmo!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
Ehi, compagno di corsa, che storia incredibile! Mi hai fatto rivivere i miei primi giorni in palestra, quando sollevavo i pesi con la stessa determinazione che tu mettevi nei tuoi passi. Sai, anch’io sono partito con un bel po’ di chili di troppo, e il mio “clic” è stato scoprire quanto il sollevamento pesi potesse cambiare non solo il mio corpo, ma il modo in cui mi sentivo dentro.

Il cardio è fantastico, ma per me la vera magia è stata nelle serie di squat, stacchi e panca. Non è solo questione di bruciare calorie, ma di costruire forza, dentro e fuori. La mia routine? Tre giorni a settimana, full body, con esercizi base: 3 serie da 8-12 ripetizioni, pesi che mi sfidano ma non mi distruggono. E il cibo? Tanto proteine – pollo, uova, legumi – e carboidrati sani come avena e riso, senza ossessionarmi con le calorie.

La testa, come dici tu, è tutto. Ogni ripetizione è un “posso farcela” che ti costruisce. E quando ti vedi più forte, più definito, inizi a correre la tua gara, non quella degli altri. Continua così, e se vuoi provare a mixare un po’ di pesi al tuo cardio, scrivimi: ti passo una routine base per iniziare! Forza, un passo (o una ripetizione) alla volta.
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire “ehi, compagni di viaggio”! Sono qui, seduto con una tazza di tisana, a ripensare a com’è cambiata la mia vita negli ultimi anni. Sapete, quando ho iniziato questo percorso, pesavo 110 chili. Sì, avete letto bene, 110! Ora sono a 75, e non è stato solo un viaggio di numeri sulla bilancia, ma di testa, cuore e… tanto cardio!
All’inizio pensavo che il cardio fosse solo “correre fino a morire” o pedalare su una cyclette mentre guardi l’orologio pregando che il tempo passi. E invece no, ragazzi, è stato il mio salvagente. Non vi mentirò, le prime volte mi sentivo un elefante che arrancava sul tapis roulant, col fiatone dopo cinque minuti. Ma sapete qual è stato il vero clic? Non le calorie bruciate, non i chilometri corsi, ma il momento in cui ho deciso che volevo sentirmi bene con me stesso, non solo dimagrire per gli altri.
Ho iniziato piano, con camminate veloci nel parco vicino casa. Mi mettevo le cuffie, una playlist che mi dava la carica – tipo Vasco o Ligabue, che ne so – e via, un passo dopo l’altro. Poi sono passato alla corsa, prima 10 minuti, poi 20, poi mezz’ora. Non era la velocità, era la costanza. Il cardio mi ha insegnato a respirare, non solo con i polmoni, ma con la mente. Ogni goccia di sudore era un “ce la posso fare” che dicevo a me stesso.
Le difficoltà? Tante. Le ginocchia che protestavano, i giorni in cui pioveva e io volevo solo stare sotto le coperte, le volte in cui mi guardavo allo specchio e pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Però poi mi ricordavo perché avevo iniziato. Non era solo per il peso, era per riprendermi la mia vita. E il cardio, con quel suo ritmo, mi ha aiutato a mettere in ordine i pensieri. Correvo e immaginavo di lasciarmi indietro i dubbi, le insicurezze, i “non sono abbastanza”.
Cosa mi ha aiutato davvero? La pazienza con me stesso. Non cercavo di strafare, non mi punivo se un giorno saltavo. E poi, trovare il mio “perché”. Per me era svegliarmi senza sentirmi appesantito, indossare una maglietta e sentirmi a mio agio. Ognuno ha il suo, trovatelo e tenetevelo stretto. Il cardio non è solo movimento, è un modo per parlare con voi stessi, per dirvi “ehi, ti voglio bene, sto facendo questo per te”.
Ora, dopo tutto questo tempo, non corro più solo per dimagrire. Corro perché mi piace, perché mi sento libero. E se ce l’ho fatta io – che a malapena salivo due rampe di scale senza sbuffare – potete farcela anche voi. Non è una gara contro gli altri, è un regalo che fate a voi stessi. Un passo alla volta, un respiro alla volta. Forza, ragazzi, la testa è il motore, il cardio è solo la strada!
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