Ciao a tutti, creature in cerca di equilibrio,
è strano guardarsi indietro ora, al giorno uno di questo viaggio senza zucchero. Ricordo il rumore della mia testa nelle prime settimane: un tamburo incessante, un richiamo dolce e perfido che mi sussurrava di cedere. La "lomka", come la chiamano alcuni, non è solo un capriccio del corpo, ma un dialogo tra mente e abitudine. Mi sentivo un poeta senza versi, perso in un mondo di sapori che non riuscivo più a decifrare.
Poi, piano piano, il caos si è placato. È stato come aprire una finestra in una stanza chiusa da troppo tempo: l’aria fresca è entrata, portando con sé una chiarezza che non mi aspettavo. Il caffè amaro, che prima scansavo come un nemico, ora mi parla di terra e di fuoco. Una mela, banale nella sua semplicità, è diventata un’esplosione di dolcezza pulita, un canto della natura che non avevo mai ascoltato davvero.
Non vi mentirò, ci sono stati giorni in cui ho fissato una barretta di cioccolato come si guarda un amore perduto. Ma ogni rinuncia è stata un passo verso qualcosa di più grande: un corpo che respira meglio, una mente che non annega più in nebbie zuccherine. Mi sono accorto che il sale sa di mare, che le spezie danzano senza bisogno di coprirle con sciroppi. È un risveglio lento, un viaggio tra il sacrificio e la scoperta di ciò che il cibo può essere quando lo lasci parlare da solo.
E voi, compagni di strada, come state riscrivendo i vostri sapori? Cosa vi sta sorprendendo in questo cammino?