Mangiare fuori e non crollare: ma funziona davvero dopo un infortunio?

limcj01

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6 Marzo 2025
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Ehi, qualcuno ha voglia di condividere un po’ di esperienze vere? Mangiare fuori casa dopo un infortunio è una di quelle cose che ti fanno alzare un sopracciglio. Ti dicono che basta "fare scelte furbe" e tutto si sistema, ma sul serio? Io sono qui, zoppicando ancora un po’ dopo una bella botta alla caviglia, e vi dico la mia. Quando non potevo muovermi, il peso è salito come se niente fosse: 10 chili in pochi mesi, roba da matti. Ora sto cercando di rimettermi in carreggiata, ma non è che puoi semplicemente entrare in un ristorante e dire "ok, tutto risolto".
Le mie uscite ormai sono un mix di speranza e scetticismo puro. Prendi un menu: insalata, sì, ma poi c’è quella vinaigrette che ti frega, o il pollo grigliato che sembra sano ma chissà con cosa lo cuociono. Io provo a stare attenta, eh. Ordino cose semplici, tipo pesce al vapore o verdure grigliate, ma poi ti arriva quel cestino di pane sul tavolo e la forza di volontà va a farsi benedire. Adattare le mie vecchie abitudini a questa situazione è un incubo. Prima dell’infortunio ero una che si allenava cinque volte a settimana, ora mi arrangio con fisioterapia e qualche esercizio leggero a casa. Il metabolismo è crollato, e mangiare fuori non aiuta.
Qualche giorno fa sono stata in una trattoria vicino casa. Ho chiesto un piatto di verdure senza olio e un po’ di riso integrale. Sembrava una vittoria, ma poi il cameriere mi dice che il riso "è condito per sapore". Ma condito con cosa? Burro? Olio? Mistero. Alla fine ho mangiato, ma ero lì a pensare: "Sto davvero controllando qualcosa o è tutta una farsa?". E non parliamo delle porzioni: anche quando scegli bene, ti servono abbastanza da sfamare due persone. Io cerco di lasciare metà piatto, ma poi mi sento in colpa per lo spreco.
La nutrizione la sto sistemando a casa, con porzioni pesate e robe proteiche per non perdere quel poco di muscoli che mi resta. Ma fuori? È un terno al lotto. Mi chiedo se qualcuno di voi, magari con un infortunio alle spalle, abbia trovato un modo per non impazzire. Perché io, onestamente, non so se questa storia delle "scelte salutari" funzioni davvero o sia solo un bel racconto da rivista. Voi come fate? Avete trucchi che non siano i soliti "bevi acqua" o "chiedi il condimento a parte"? Perché dopo un po’ anche quelli stufano, e la tentazione di mollare tutto per una carbonara è sempre dietro l’angolo.
 
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Reazioni: Westyguy
Ciao a tutti,

leggo il tuo post e mi ci ritrovo tantissimo, soprattutto in quel mix di speranza e frustrazione che descrivi quando mangi fuori. Dopo un infortunio, il corpo sembra giocare contro di te, vero? Io ho avuto un problema simile un paio di anni fa, una distorsione al ginocchio che mi ha tenuta ferma per mesi. Prima ero sempre in movimento, poi di colpo mi sono ritrovata a zoppicare e a vedere la bilancia salire senza capire bene come. Però, ti racconto la mia: per me, rimettermi in carreggiata è passato tutto attraverso i miei adorati passi di danza.

All’inizio, con il ginocchio fuori uso, non potevo fare granché. Come te, ho preso peso, circa 8 chili, e mangiare fuori era un campo minato. Insalate che sembravano sane ma nascondevano condimenti misteriosi, porzioni enormi che ti fanno sentire in colpa se lasci qualcosa... un disastro. Però, quando ho iniziato a recuperare un po’ di mobilità con la fisioterapia, ho deciso di provare a muovermi in modo diverso, qualcosa che non sembrasse un “esercizio” ma mi facesse sentire viva. È lì che sono entrata nel mondo della danza: prima salsa, poi un po’ di hip-hop, e ultimamente anche qualche lezione di balletto. Non sto parlando di diventare una professionista, eh, ma di muovermi a ritmo di musica, sudare e, soprattutto, divertirmi.

La danza mi ha aiutata a cambiare prospettiva. Non era solo questione di bruciare calorie, ma di ritrovare il piacere di muovermi. Questo ha avuto un effetto domino anche su come gestisco il cibo, soprattutto quando mangio fuori. Ti spiego: ora che il movimento è tornato a far parte della mia vita, sono più consapevole di cosa mi serve per sentirmi bene. Mangiare fuori non è più una lotteria, perché ho imparato a fare scelte che mi supportano senza sentirmi in prigione. Ad esempio, cerco posti con menu chiari, magari trattorie o ristoranti che specificano gli ingredienti o sono aperti a personalizzazioni. Ordino sempre verdure grigliate o al vapore, ma chiedo di non aggiungere olio o salse, e se il cameriere fa storie, insisto gentilmente. Per il pane, ho un trucco: lo sposto subito dall’altra parte del tavolo, così non mi tenta!

Un’altra cosa che mi ha salvato è stata pianificare. Se so che mangerò fuori, cerco di tenere il resto della giornata leggero, con pasti proteici e verdure a casa, così non mi sento in colpa se il piatto al ristorante è un po’ più calorico del previsto. E poi, la danza mi ha insegnato a non ossessionarmi troppo: se una sera sgarro con un po’ di risotto condito o un dolcetto, so che il giorno dopo posso rimettermi in pista (letteralmente!) con una lezione di salsa che mi fa bruciare tutto e mi mette di buonumore.

Per il tuo caso, con la caviglia ancora in recupero, ti capisco: la fisioterapia e gli esercizi leggeri non sono la stessa cosa di allenarsi come prima. Ma magari, quando ti sentirai un po’ più stabile, potresti provare qualcosa di soft come una lezione di danza adattata, tipo barre (una specie di balletto fitness che è gentile con le articolazioni). Non serve essere una ballerina, credimi, io sono partita da zero! È un modo per muoverti senza sentirti in castigo, e ti aiuta anche a gestire meglio il metabolismo che, come dici, dopo un infortunio sembra andare in letargo.

Sul mangiare fuori, un consiglio pratico: cerca ristoranti con cucina “visibile”, tipo quelli con griglia a vista o menu che spiegano bene come preparano i piatti. Io ormai sono quella che fa mille domande al cameriere, tipo “il pesce è al vapore davvero o c’è burro?”. All’inizio mi sentivo un po’ rompiscatole, ma ora lo faccio con un sorriso e passa. E se il menu è un mistero, punto su piatti super semplici, tipo carpaccio di pesce o carne magra con contorno, e lascio perdere riso o pasta che spesso arrivano conditi a sorpresa.

Chiudo con una cosa che mi ha aiutato tanto: non pensare al mangiare fuori come a un ostacolo, ma come a un’occasione per testare la tua creatività. Ogni scelta “giusta” è una piccola vittoria, e quelle vittorie ti danno la carica per continuare. E se ogni tanto la carbonara vince, pazienza: un piatto non rovina tutto, soprattutto se trovi un modo per muoverti che ti fa stare bene. Io ho trovato la mia strada con la danza, e magari tu troverai la tua, infortunio o no. Forza, un passo alla volta!
 
Ciao a tutti,

leggo il tuo post e mi ci ritrovo tantissimo, soprattutto in quel mix di speranza e frustrazione che descrivi quando mangi fuori. Dopo un infortunio, il corpo sembra giocare contro di te, vero? Io ho avuto un problema simile un paio di anni fa, una distorsione al ginocchio che mi ha tenuta ferma per mesi. Prima ero sempre in movimento, poi di colpo mi sono ritrovata a zoppicare e a vedere la bilancia salire senza capire bene come. Però, ti racconto la mia: per me, rimettermi in carreggiata è passato tutto attraverso i miei adorati passi di danza.

All’inizio, con il ginocchio fuori uso, non potevo fare granché. Come te, ho preso peso, circa 8 chili, e mangiare fuori era un campo minato. Insalate che sembravano sane ma nascondevano condimenti misteriosi, porzioni enormi che ti fanno sentire in colpa se lasci qualcosa... un disastro. Però, quando ho iniziato a recuperare un po’ di mobilità con la fisioterapia, ho deciso di provare a muovermi in modo diverso, qualcosa che non sembrasse un “esercizio” ma mi facesse sentire viva. È lì che sono entrata nel mondo della danza: prima salsa, poi un po’ di hip-hop, e ultimamente anche qualche lezione di balletto. Non sto parlando di diventare una professionista, eh, ma di muovermi a ritmo di musica, sudare e, soprattutto, divertirmi.

La danza mi ha aiutata a cambiare prospettiva. Non era solo questione di bruciare calorie, ma di ritrovare il piacere di muovermi. Questo ha avuto un effetto domino anche su come gestisco il cibo, soprattutto quando mangio fuori. Ti spiego: ora che il movimento è tornato a far parte della mia vita, sono più consapevole di cosa mi serve per sentirmi bene. Mangiare fuori non è più una lotteria, perché ho imparato a fare scelte che mi supportano senza sentirmi in prigione. Ad esempio, cerco posti con menu chiari, magari trattorie o ristoranti che specificano gli ingredienti o sono aperti a personalizzazioni. Ordino sempre verdure grigliate o al vapore, ma chiedo di non aggiungere olio o salse, e se il cameriere fa storie, insisto gentilmente. Per il pane, ho un trucco: lo sposto subito dall’altra parte del tavolo, così non mi tenta!

Un’altra cosa che mi ha salvato è stata pianificare. Se so che mangerò fuori, cerco di tenere il resto della giornata leggero, con pasti proteici e verdure a casa, così non mi sento in colpa se il piatto al ristorante è un po’ più calorico del previsto. E poi, la danza mi ha insegnato a non ossessionarmi troppo: se una sera sgarro con un po’ di risotto condito o un dolcetto, so che il giorno dopo posso rimettermi in pista (letteralmente!) con una lezione di salsa che mi fa bruciare tutto e mi mette di buonumore.

Per il tuo caso, con la caviglia ancora in recupero, ti capisco: la fisioterapia e gli esercizi leggeri non sono la stessa cosa di allenarsi come prima. Ma magari, quando ti sentirai un po’ più stabile, potresti provare qualcosa di soft come una lezione di danza adattata, tipo barre (una specie di balletto fitness che è gentile con le articolazioni). Non serve essere una ballerina, credimi, io sono partita da zero! È un modo per muoverti senza sentirti in castigo, e ti aiuta anche a gestire meglio il metabolismo che, come dici, dopo un infortunio sembra andare in letargo.

Sul mangiare fuori, un consiglio pratico: cerca ristoranti con cucina “visibile”, tipo quelli con griglia a vista o menu che spiegano bene come preparano i piatti. Io ormai sono quella che fa mille domande al cameriere, tipo “il pesce è al vapore davvero o c’è burro?”. All’inizio mi sentivo un po’ rompiscatole, ma ora lo faccio con un sorriso e passa. E se il menu è un mistero, punto su piatti super semplici, tipo carpaccio di pesce o carne magra con contorno, e lascio perdere riso o pasta che spesso arrivano conditi a sorpresa.

Chiudo con una cosa che mi ha aiutato tanto: non pensare al mangiare fuori come a un ostacolo, ma come a un’occasione per testare la tua creatività. Ogni scelta “giusta” è una piccola vittoria, e quelle vittorie ti danno la carica per continuare. E se ogni tanto la carbonara vince, pazienza: un piatto non rovina tutto, soprattutto se trovi un modo per muoverti che ti fa stare bene. Io ho trovato la mia strada con la danza, e magari tu troverai la tua, infortunio o no. Forza, un passo alla volta!
Ehi, che bella la tua storia di rinascita con la danza! Mi ci ritrovo nel tuo racconto, quel desiderio di muoversi e sentirsi vivi nonostante gli stop del corpo. Dopo il mio infortunio alla schiena, ho dovuto reimparare a vivere il movimento, e per me la chiave è stata intrecciare yoga e un pizzico di cardio, come un respiro che si fa ritmo.

Non potevo fare salti o correre, ma lo yoga mi ha insegnato a fluire con dolcezza, a bruciare calorie senza forzare. Pratico sequenze dinamiche, come il saluto al sole, che accendono il corpo come un’alba lenta, e le alterno a passeggiate veloci, che mi fanno sentire il cuore danzare. Questo ritmo mi guida anche quando mangio fuori: scelgo piatti leggeri, come verdure croccanti o pesce semplice, e pianifico la giornata per non sentirmi appesantita. Se so che la cena sarà ricca, la mattina mi muovo di più, come un’onda che bilancia tutto.

Per la tua caviglia, magari prova qualche posizione yoga soft, come il gatto-mucca, che risveglia il corpo senza stress. È come tessere un filo tra mente e muscoli, e ti aiuta a gestire il metabolismo anche nei giorni lenti. Mangiare fuori diventa meno un peso quando il tuo corpo si sente in armonia. Un passo, un respiro, e si riparte.
 
Ehi Westyguy, la tua storia con la danza mi ha proprio colpita, sai? Quel modo di trasformare un infortunio in un’occasione per scoprire un nuovo ritmo di vita… mi ci rivedo, anche se il mio percorso è stato un po’ diverso, con un groviglio di alti e bassi dettati dal mio hypotiroidismo. È come se il corpo a volte parlasse una lingua tutta sua, no?

Dopo il mio infortunio alla schiena, un’ernia che mi ha tenuta bloccata per mesi, il metabolismo sembrava essersi messo in modalità “letargo totale”. La bilancia saliva anche solo guardandoci sopra, e mangiare fuori era una specie di rompicapo. Il mio endocrinologo mi ha spiegato che con l’hypotiroidismo il corpo brucia meno, e ogni caloria sembra contare doppio. All’inizio mi sentivo in trappola: da una parte il desiderio di godermi una cena fuori senza ossessioni, dall’altra la paura di mandare all’aria settimane di sacrifici. Però, piano piano, ho trovato un mio equilibrio, un po’ come te con la tua salsa, ma intrecciando dieta, movimento e un dialogo costante con i medici.

Sul fronte cibo, ho imparato a muovermi come un detective quando sono al ristorante. Non è solo scegliere “sano”, ma capire cosa c’è davvero nel piatto. Ad esempio, ordino sempre verdure, ma chiedo che siano al vapore o grigliate senza olio extra, perché anche un filo di condimento può essere una sorpresa calorica. Se il menu non è chiaro, punto su proteine magre, tipo petto di pollo o pesce alla griglia, e sto attenta alle salse nascoste. Una volta mi è arrivato un carpaccio di salmone che sembrava leggero, ma era annegato in olio: ora chiedo sempre dettagli, anche a costo di sembrare pignola. Per bilanciare, se so che uscirò a cena, tengo la giornata leggera con pasti a base di verdure crude e yogurt greco, che mi saziano senza appesantire. È come tessere una rete: ogni scelta si intreccia con le altre per tenere il corpo in armonia.

Il movimento, però, è stato la vera svolta, anche se con l’ernia e il metabolismo lento non potevo strafare. La fisioterapia mi ha aiutata a rimettermi in piedi, ma è stato lo yoga a cambiarmi la prospettiva. Non parlo di posizioni acrobatiche, ma di sequenze fluide, come il saluto al sole o il gatto-mucca, che risvegliano il corpo senza stressarlo. È come accendere una candela: il calore si diffonde piano, ma arriva ovunque. Faccio yoga tre volte a settimana, alternandolo a passeggiate veloci di 30-40 minuti, che per me sono come un battito che dà ritmo alla giornata. Questo mix mi aiuta a bruciare qualcosa in più, nonostante il mio tiroide pigro, e mi fa sentire viva, proprio come dici tu con la danza.

Per la tua caviglia, che capisco sia ancora un po’ un limite, ti consiglierei di provare qualche movimento dolce, magari proprio yoga di base o anche solo stretching guidato. Non serve essere esperti: io ho iniziato con video online, seguendo insegnanti che spiegano passo passo. Qualcosa come la posizione del bambino o il gatto-mucca può sembrare poca cosa, ma è un modo per dialogare con il corpo e riattivare il metabolismo senza forzare. È come piantare un seme: ci vuole pazienza, ma poi cresce.

Tornando al mangiare fuori, il mio trucco è non vederlo come un ostacolo, ma come una sfida creativa. Ogni volta che scelgo un piatto che mi nutre senza appesantirmi, mi sento come se avessi risolto un piccolo enigma. E se una sera scappa un dessert o un piatto più ricco, non mi fustigo: il giorno dopo riprendo il mio ritmo con yoga e un’insalata proteica. La chiave, per me, è stata smettere di pensare al cibo come a un nemico. Con l’hypotiroidismo, il corpo è già abbastanza complicato da gestire: meglio fare pace con lui e muoversi in sintonia, no?

Grazie per aver condiviso la tua storia, mi ha dato una bella spinta a riflettere sul mio percorso. Un passo alla volta, tra un’insalata ben scelta e un saluto al sole, si arriva lontano. Tu che dici, proverai qualcosa di nuovo per la tua caviglia?
 
Ehi, qualcuno ha voglia di condividere un po’ di esperienze vere? Mangiare fuori casa dopo un infortunio è una di quelle cose che ti fanno alzare un sopracciglio. Ti dicono che basta "fare scelte furbe" e tutto si sistema, ma sul serio? Io sono qui, zoppicando ancora un po’ dopo una bella botta alla caviglia, e vi dico la mia. Quando non potevo muovermi, il peso è salito come se niente fosse: 10 chili in pochi mesi, roba da matti. Ora sto cercando di rimettermi in carreggiata, ma non è che puoi semplicemente entrare in un ristorante e dire "ok, tutto risolto".
Le mie uscite ormai sono un mix di speranza e scetticismo puro. Prendi un menu: insalata, sì, ma poi c’è quella vinaigrette che ti frega, o il pollo grigliato che sembra sano ma chissà con cosa lo cuociono. Io provo a stare attenta, eh. Ordino cose semplici, tipo pesce al vapore o verdure grigliate, ma poi ti arriva quel cestino di pane sul tavolo e la forza di volontà va a farsi benedire. Adattare le mie vecchie abitudini a questa situazione è un incubo. Prima dell’infortunio ero una che si allenava cinque volte a settimana, ora mi arrangio con fisioterapia e qualche esercizio leggero a casa. Il metabolismo è crollato, e mangiare fuori non aiuta.
Qualche giorno fa sono stata in una trattoria vicino casa. Ho chiesto un piatto di verdure senza olio e un po’ di riso integrale. Sembrava una vittoria, ma poi il cameriere mi dice che il riso "è condito per sapore". Ma condito con cosa? Burro? Olio? Mistero. Alla fine ho mangiato, ma ero lì a pensare: "Sto davvero controllando qualcosa o è tutta una farsa?". E non parliamo delle porzioni: anche quando scegli bene, ti servono abbastanza da sfamare due persone. Io cerco di lasciare metà piatto, ma poi mi sento in colpa per lo spreco.
La nutrizione la sto sistemando a casa, con porzioni pesate e robe proteiche per non perdere quel poco di muscoli che mi resta. Ma fuori? È un terno al lotto. Mi chiedo se qualcuno di voi, magari con un infortunio alle spalle, abbia trovato un modo per non impazzire. Perché io, onestamente, non so se questa storia delle "scelte salutari" funzioni davvero o sia solo un bel racconto da rivista. Voi come fate? Avete trucchi che non siano i soliti "bevi acqua" o "chiedi il condimento a parte"? Perché dopo un po’ anche quelli stufano, e la tentazione di mollare tutto per una carbonara è sempre dietro l’angolo.
Ciao a tutti, eccomi qui a scrivere con il caffè in mano, direttamente dalla mia scrivania piena di scartoffie. Leggendo il tuo post mi sono sentita proprio tirata in causa, perché anche io sto cercando di rimettermi in carreggiata, anche se per motivi diversi. Non ho avuto un infortunio, ma dopo il parto il mio corpo sembra aver deciso che vuole tenersi stretti quei chili in più come souvenir. E mangiare fuori? Un campo minato, proprio come dici tu.

Lavoro in ufficio, passo otto ore al giorno seduta, e il tempo per muovermi è poco. Prima riuscivo a infilare qualche allenamento, ma ora tra lavoro, bimbo e casa, il massimo che faccio è una passeggiata veloce in pausa pranzo. Però, visto che il tuo post parla di scelte furbe fuori casa, voglio condividere un paio di cose che sto provando per non crollare, anche se, lo ammetto, non sempre funzionano.

Quando mangio fuori, cerco di prepararmi prima. Tipo, guardo il menu online, se c’è, e decido cosa ordinare ancora prima di entrare. Questo mi salva dal panico del “oddio, tutto sembra buono” e dalla tentazione di buttarmi su fritti o piatti super conditi. Di solito punto su qualcosa con proteine magre, come del pesce o del petto di pollo, e chiedo sempre che le verdure siano senza olio o burro. Però, hai ragione, a volte ti dicono “è solo un filo d’olio” e tu ti chiedi se quel filo è un’autostrada di calorie. Una cosa che mi aiuta è chiedere una ciotolina di limone o aceto balsamico per condire da sola, così almeno controllo qualcosa.

Il cestino del pane è il mio nemico giurato. Ho iniziato a chiedere al cameriere di non portarlo proprio, perché se ce l’ho davanti, cedo. Sempre. Per le porzioni giganti, invece, ho preso l’abitudine di dividere il piatto a metà appena arriva. Metto da parte una porzione e la porto a casa, così non mi sento in colpa per lo spreco e ho già il pranzo per il giorno dopo. Certo, ci vuole un po’ di forza di volontà per non mangiarsi tutto, ma sto migliorando.

Visto che passo tanto tempo seduta, cerco di aggiungere un po’ di movimento anche in ufficio per bilanciare le uscite a pranzo. Tipo, faccio qualche esercizio leggero direttamente alla scrivania: contraggo i glutei per qualche secondo, faccio piccoli cerchi con le spalle o allungo le gambe sotto il tavolo. Non è una palestra, ma almeno tengo il sangue in circolo. In pausa pranzo, se non devo correre a casa, faccio un giro a piedi veloce, anche solo 15-20 minuti. Non brucerò mille calorie, ma mi sento meno in colpa se poi al ristorante scappa una forchettata di troppo.

Tornando al mangiare fuori, un trucco che mi sta aiutando è portare con me una bottiglietta d’acqua e berne un sacco prima di iniziare a mangiare. Riempie lo stomaco e mi fa sentire un po’ più sazia, così non mi butto sul cibo come se non mangiassi da giorni. E poi, cerco di godermi l’esperienza, sai? Mangiare fuori è anche un momento per rilassarsi, no? Se sto troppo in paranoia per le calorie, finisce che non mi godo nulla e torno a casa frustrata.

Capisco benissimo quella sensazione di “ma sto davvero controllando qualcosa?”. A volte mi sembra di fare tutto giusto e poi la bilancia non si muove. Però, piano piano, sto imparando a non lasciarmi abbattere. Non ho ancora trovato la formula magica, ma credo che la chiave sia insistere, anche con piccoli passi. Tu che strategie usi per non mollare? E qualcuno di voi ha altri consigli per noi che cerchiamo di destreggiarci tra lavoro, poco movimento e pranzi fuori? Perché, come dici tu, la carbonara è sempre lì che ti chiama…
 
Ehi, limcj01, il tuo post mi ha proprio colpita, sembra di leggere i miei pensieri! Sono in fase di ripresa anch’io, sto cercando di perdere i 7 kg che ho messo su dopo un periodo schifoso di stress e stop forzato. Non ho avuto un infortunio come te, ma il mio corpo sembra aver deciso che muoversi è facoltativo, e il metabolismo è in letargo. Mangiare fuori? Un disastro. Ogni volta che esco, mi sento come se stessi giocando alla roulette russa con le calorie.

Sto provando a rimettermi in carreggiata da un paio di mesi, e per ora ho perso 3 kg, ma è una lotta continua. Come te, a casa me la cavo: peso tutto, conto le proteine, cerco di mangiare verdure a non finire. Ma fuori casa è un altro pianeta. Tipo, l’altro giorno sono andata in un posto carino con degli amici. Ho ordinato un’insalata di pollo, pensando di essere furba. Poi scopro che il pollo è marinato in chissà cosa e l’insalata arriva con una salsa che sembra maionese travestita. Ho provato a raschiare via il condimento, ma alla fine ho mangiato con l’ansia di aver mandato all’aria tutto.

Una cosa che sto cercando di fare, e che magari potrebbe aiutarti, è prendermi un momento prima di mangiare fuori per “centrarmi”. Non proprio meditare, ma tipo respirare a fondo per un minuto e ricordarmi perché sto facendo questo. Mi aiuta a non cedere al primo cestino di pane o a quel dessert che mi guarda dal menu. Per esempio, prima di uscire, mi metto seduta, chiudo gli occhi e penso: “Ok, voglio sentirmi bene, voglio tornare a muovermi senza affanno”. Sembra una sciocchezza, ma mi dà un po’ di lucidità per affrontare il menu senza buttarmi su tutto.

Per le porzioni, faccio come te, cerco di lasciare qualcosa nel piatto, ma odio sprecare cibo. Ultimamente, se so che le porzioni sono enormi, ordino un antipasto come piatto principale, tipo una zuppa di verdure o un carpaccio. Di solito sono più piccoli e mi sento meno in colpa. E poi, cerco di evitare i posti troppo “pericolosi”. Tipo, la pizzeria sotto casa? La evito come la peste, perché so che non resisto a una margherita.

Visto che non puoi muoverti tanto per via dell’infortunio, hai provato a fare qualche esercizio mentale per gestire la frustrazione? Io ho scaricato un’app con esercizi di respirazione e mini-meditazioni, roba da 5 minuti. Non è che ti fanno dimagrire, ma mi aiutano a non mollare tutto per la disperazione. Tipo, quando torno a casa dopo un pranzo fuori e penso “ho rovinato tutto”, faccio un paio di minuti di respirazione e mi dico: “Ok, un pasto non cambia niente, domani si riparte”.

Tu come tieni alta la motivazione? Perché, come dici, la tentazione di una carbonara è sempre lì, e certe volte mi chiedo se ne valga la pena. Qualcuno ha altri trucchetti per non impazzire quando si mangia fuori? Perché io sto ancora cercando il modo di non sentirmi in guerra con il menu ogni volta.