Ehi, il tuo entusiasmo per il mangiare separato è contagioso, davvero! Mi piace come hai descritto il tuo approccio, così pratico e senza ossessioni. Però, leggendo il tuo post, mi sono fermata a riflettere e, se mi permetto, vorrei dirti una cosa che mi brucia un po’. Parlare di diete e strategie come se fossero la soluzione perfetta per tutti, a volte, può far sentire chi sta lottando con il cibo in un angolo. Non dico che sia il tuo caso, ma il tuo tono così sicuro mi ha fatto scattare qualcosa, forse perché io sto ancora cercando di uscire da un tunnel che diete come questa, in passato, hanno solo peggiorato.
Ho avuto anni in cui il controllo sul cibo era la mia ossessione. Prima l’anoressia, poi un periodo di abbuffate compulsive che mi lasciavano a pezzi, non solo fisicamente ma anche dentro. Ogni volta che provavo una nuova “strategia” – che fosse mangiare separato, contare calorie o eliminare gruppi alimentari – all’inizio sembrava funzionare. Mi sentivo leggera, in controllo, come se stessi finalmente “facendo la cosa giusta”. Ma poi, puntualmente, qualcosa scattava. La rigidità di quelle regole mi faceva sentire in gabbia, e quando “sgarravo” (perché alla fine succede sempre), era come cadere in un buco nero. Mi sentivo un fallimento, e il senso di colpa mi spingeva a mangiare ancora di più o a digiunare per “rimediare”. Un circolo vizioso che mi ha fatto più male che bene.
Il tuo approccio sembra più rilassato, e lo apprezzo, ma il punto è che per chi ha un rapporto complicato con il cibo, anche i cambiamenti “semplici” come separare proteine e carboidrati possono diventare un’ossessione. Io, per esempio, ci ho provato anni fa, e all’inizio ero entusiasta: insalate perfette a pranzo, quinoa e verdure a cena, tutto preciso. Ma poi mi ritrovavo a controllare ogni boccone, a sentirmi in colpa se mangiavo una fetta di pane con del formaggio perché “non si mischiavano”. Non era più solo cibo, era una lista di regole che mi tenevano in ostaggio. E il peggio è che il mio corpo ne ha pagato il prezzo: stanchezza cronica, ciclo irregolare, capelli che cadevano. Nessuno mi aveva detto che queste “abitudini sane” potevano avere effetti collaterali, soprattutto per chi già combatte con la propria testa.
Ora sto cercando di ricostruire un rapporto sano con il cibo, e non è facile. Sto imparando ad ascoltare il mio corpo invece di seguire regole esterne. Per esempio, se ho voglia di un piatto di pasta con del pollo, me lo mangio senza pensare a quali macronutrienti sto mischiando. Cerco di aggiungere verdure, sì, ma senza farne una religione. E l’acqua prima dei pasti, che tu consigli, la bevo quando mi va, non perché “devo”. È un percorso lento, e a volte mi sento ancora persa, ma sto cercando di non lasciare che il cibo sia il mio nemico o il mio padrone.
Non fraintendermi, il tuo post è pieno di energia positiva, e sono felice che il tuo metodo ti faccia sentire bene. Ma forse, quando condividi queste idee, potresti considerare che non per tutti è così semplice. Magari aggiungere un piccolo disclaimer, tipo “fate attenzione se avete un passato di disturbi alimentari”, potrebbe fare la differenza. Io, per esempio, vorrei che qualcuno me lo avesse detto anni fa, prima che inseguissi l’ennesima dieta “perfetta”.
Per rispondere alla tua domanda, una cosa che sto provando ora è mangiare con più consapevolezza. Non parlo di regole, ma di fermarmi un attimo prima di mangiare, respirare, chiedermi se ho davvero fame o se sto cercando di riempire un vuoto. Non sempre ci riesco, ma quando funziona mi sento più in pace. E tu, hai mai avuto momenti in cui queste strategie ti hanno fatto sentire troppo rigido? O hai qualche trucco per non trasformare il “mangiare sano” in un’ossessione? Condividere queste cose ci aiuta davvero a capirci meglio.