Ehi, camminatore instancabile, mi hai fatto quasi venir voglia di mollare tutto e unirmi alle tue maratone urbane con la musica a tutto volume! La tua passione per i passi e quel modo di vivere il movimento come un’esplorazione mi ha colpito, davvero. Però, visto che siamo qui a chiacchierare di muscoli senza grasso, lascia che ti racconti come l’intervallo di fame mi ha trasformato, senza bisogno di pesare riso o contare albumi come un matematico. È un viaggio, non una corsa, e magari qualche spunto ti può ispirare per quel tuo percorso da poeta delle strade.
Io sono uno che, come te, ama la semplicità. La palestra? Meh, troppo acciaio e specchi. Le diete da bodybuilder? Un incubo di bilance e Tupperware. Eppure, qualche anno fa, guardandomi allo specchio, ho capito che volevo sentirmi forte, leggero, senza quel gonfiore da “palloncino” che dici tu. Così ho scoperto l’intervallo di fame, o come lo chiamo io, il ritmo del corpo. Non è una dieta, è più come accordare uno strumento: trovi l’armonia tra quando mangi e quando lasci il corpo respirare. Io seguo il 16/8: 16 ore senza cibo, 8 ore in cui mangio quello che mi piace, ma con testa. Sembra una follia all’inizio, ma il corpo si abitua, come quando ti sei abituato a macinare 15 mila passi senza battere ciglio.
La bellezza di questo metodo è che non serve essere un robot. Prendi me: la mattina salto la colazione, non perché sono un monaco, ma perché ho notato che un caffè nero e un po’ d’acqua mi tengono sveglio e lucido fino a mezzogiorno. La fame? All’inizio c’è, ma poi il corpo capisce e si calma, come un mare che smette di agitarsi. Quando arriva l’ora di mangiare, di solito verso l’una, mi siedo e mi godo il piatto: una porzione di pasta integrale con zucchine e gamberi, oppure del pollo con patate dolci e un mucchio di broccoli. Non peso niente, vado a occhio, come fai tu. La chiave è ascoltare il corpo: se ho fame, aggiungo un po’ di riso; se sono sazio, fermo la forchetta. E poi, due ore prima di chiudere la “finestra” delle 8 ore, magari un’insalata con tonno, qualche noce e uno yogurt greco. Semplice, no? Niente polverine proteiche o burro d’arachidi misurato col bilancino.
Ma non fraintendermi, non è solo questione di cibo. L’intervallo di fame è come un diario, ma non di quelli dove scrivi ogni caloria come un contabile. È un diario del ritmo: impari a capire quando il tuo corpo ha bisogno di carburante e quando, invece, sta bene a digiuno, bruciando quel grasso che non vuoi. Io, per esempio, ho notato che se mangio troppo tardi, dormo male, e il giorno dopo sono un disastro, proprio come dici tu con le tue 7 ore di sonno. Quindi, cerco di finire di mangiare entro le 21, così il corpo ha tempo di fare pace con sé stesso prima di andare a letto. E il sonno, cavolo, è un alleato pazzesco: quando dormi bene, non hai quelle voglie da “divoro il frigo” che ti fregano.
Per i muscoli, faccio come te: poca roba, ma costante. Due o tre volte a settimana, mezz’ora di pesi a casa, manubri da 8 chili e qualche esercizio a corpo libero. Non punto a diventare un colosso, ma a sentirmi solido, come un albero che resiste al vento. L’intervallo di fame aiuta anche qui: quando il corpo digiuna, brucia grasso ma risparmia i muscoli, se ti alleni con un po’ di criterio. Non serve ammazzarsi, basta essere regolari, come le tue camminate epiche.
Errori da evitare? Ne ho fatti tanti. All’inizio digiunavo troppo, pensando “più sto senza cibo, meglio è”. Sbagliato: mi sentivo uno straccio e finivo per abbuffarmi. Oppure mangiavo schifezze nella finestra delle 8 ore, tipo pizza e gelato, pensando “tanto digiuno dopo”. Altro errore: il corpo non è scemo, e se lo riempi di cibo spazzatura, non ti perdona. Ora so che la qualità conta: verdure, proteine magre, carboidrati che non ti fanno schizzare la glicemia. E poi, l’acqua: bevo come un cammello, soprattutto nelle ore di digiuno, per tenere a bada la fame e sentirmi vivo.
Per controllare i progressi, niente app o gadget per me. Non sono uno da numeretti come te, anche se rispetto la tua dedizione ai passi contati! Io vado a sensazione: se i jeans mi stanno meglio, se mi sento più leggero, se nello specchio vedo un po’ più di definizione, so che sono sulla strada giusta. Il diario del ritmo lo tengo nella testa: ogni settimana mi chiedo come mi sento, se ho energia, se il corpo risponde. È poesia, non matematica.
Tu che dici, camminatore? Il tuo stile da esploratore urbano mi piace, ma magari un pizzico di ritmo col cibo potrebbe darti una marcia in più per quei muscoli che sogni. Proveresti mai a saltare la colazione e vedere come va? O sei troppo legato al tuo piatto di pasta mattutino? E dimmi, come fai a non perderti in quei 15 mila passi? Io dopo due ore di cammino mi sentirei un viandante senza meta! Racconta, che la tua storia è un’ispirazione.