Mangiare fuori con Montignac: perché il conteggio delle calorie non basta

6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve a chi ancora crede alle favole delle calorie"! 😅 Oggi voglio proprio sfogarmi un po’ su questa mania del contare calorie quando si mangia fuori, perché, diciamocelo, non è che funzioni poi così tanto, no? Io seguo Montignac da un po’ e vi assicuro che guardare il cibo solo attraverso il numerino delle calorie è come guidare con il freno a mano tirato: arrivi da qualche parte, sì, ma a che costo?
Quando esci a mangiare, che sia una pizzeria, un ristorante o anche solo un bar, il problema non è solo "quante" calorie metti nel piatto, ma "quali" carboidrati stai scegliendo. Prendiamo una situazione classica: sei fuori, ordini una pasta al pomodoro e magari un bicchiere di vino. Con il conteggio calorie dici "ok, sto sui 500 kcal, ci sto dentro". Ma poi ti senti gonfio, stanco e la bilancia non si muove di un grammo nei giorni dopo. Perché? Perché quella pasta probabilmente era fatta con farina raffinata, un "cattivo" carboidrato con un indice glicemico altissimo che ti spara l’insulina alle stelle e ti fa accumulare grasso. Altro che deficit calorico!
Con Montignac invece vai a colpo sicuro: scegli i "buoni" carboidrati, quelli con un IG basso. Tipo? Facciamo un esempio pratico. Sei al ristorante e invece della pasta bianca prendi un piatto di lenticchie con verdure (IG sotto il 50) o magari del riso integrale se lo trovi (sempre meglio della solita polenta fritta!). Abbini una proteina magra, tipo del pesce, e stai tranquillo: non solo mangi bene, ma il tuo corpo ringrazia e i risultati si vedono nel tempo. Niente picchi di zucchero, niente fame dopo due ore, niente sensi di colpa.
Vi lascio una mini-tabella che mi porto sempre dietro quando mangio fuori, giusto per darvi un’idea:
  • Buoni (IG < 55): lenticchie, ceci, quinoa, pane integrale vero (non quello finto dei supermercati!), verdure crude o cotte al vapore.
  • Cattivi (IG > 70): patatine fritte, pizza con farina 00, riso bianco, dolci zuccherati, birra (eh sì, anche quella!).
Il punto è che le calorie sono un’illusione se non guardi la qualità. Ho provato il classico "mangio poco e conto tutto" per anni: all’inizio perdi, poi ti blocchi, e alla fine molli perché sei stanco e affamato. Con Montignac invece è un gioco diverso: non è una dieta lampo, è un modo di vivere. Mangiare fuori diventa meno stressante, perché sai cosa scegliere e non ti senti privato di nulla. Certo, richiede un po’ di attenzione in più, ma ne vale la pena quando vedi che i jeans ti entrano senza fatica anche dopo mesi! 😉
Fatemi sapere cosa ne pensate, eh! Qualcuno di voi ha mai provato a mollare il conteggio calorie per dare una chance all’indice glicemico? Dai, confrontiamoci!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve a chi ancora crede alle favole delle calorie"! 😅 Oggi voglio proprio sfogarmi un po’ su questa mania del contare calorie quando si mangia fuori, perché, diciamocelo, non è che funzioni poi così tanto, no? Io seguo Montignac da un po’ e vi assicuro che guardare il cibo solo attraverso il numerino delle calorie è come guidare con il freno a mano tirato: arrivi da qualche parte, sì, ma a che costo?
Quando esci a mangiare, che sia una pizzeria, un ristorante o anche solo un bar, il problema non è solo "quante" calorie metti nel piatto, ma "quali" carboidrati stai scegliendo. Prendiamo una situazione classica: sei fuori, ordini una pasta al pomodoro e magari un bicchiere di vino. Con il conteggio calorie dici "ok, sto sui 500 kcal, ci sto dentro". Ma poi ti senti gonfio, stanco e la bilancia non si muove di un grammo nei giorni dopo. Perché? Perché quella pasta probabilmente era fatta con farina raffinata, un "cattivo" carboidrato con un indice glicemico altissimo che ti spara l’insulina alle stelle e ti fa accumulare grasso. Altro che deficit calorico!
Con Montignac invece vai a colpo sicuro: scegli i "buoni" carboidrati, quelli con un IG basso. Tipo? Facciamo un esempio pratico. Sei al ristorante e invece della pasta bianca prendi un piatto di lenticchie con verdure (IG sotto il 50) o magari del riso integrale se lo trovi (sempre meglio della solita polenta fritta!). Abbini una proteina magra, tipo del pesce, e stai tranquillo: non solo mangi bene, ma il tuo corpo ringrazia e i risultati si vedono nel tempo. Niente picchi di zucchero, niente fame dopo due ore, niente sensi di colpa.
Vi lascio una mini-tabella che mi porto sempre dietro quando mangio fuori, giusto per darvi un’idea:
  • Buoni (IG < 55): lenticchie, ceci, quinoa, pane integrale vero (non quello finto dei supermercati!), verdure crude o cotte al vapore.
  • Cattivi (IG > 70): patatine fritte, pizza con farina 00, riso bianco, dolci zuccherati, birra (eh sì, anche quella!).
Il punto è che le calorie sono un’illusione se non guardi la qualità. Ho provato il classico "mangio poco e conto tutto" per anni: all’inizio perdi, poi ti blocchi, e alla fine molli perché sei stanco e affamato. Con Montignac invece è un gioco diverso: non è una dieta lampo, è un modo di vivere. Mangiare fuori diventa meno stressante, perché sai cosa scegliere e non ti senti privato di nulla. Certo, richiede un po’ di attenzione in più, ma ne vale la pena quando vedi che i jeans ti entrano senza fatica anche dopo mesi! 😉
Fatemi sapere cosa ne pensate, eh! Qualcuno di voi ha mai provato a mollare il conteggio calorie per dare una chance all’indice glicemico? Dai, confrontiamoci!
Ehi, ciao a chi naviga tra carboidrati buoni e cattivi! Devo dire che il tuo post mi ha fatto proprio riflettere, perché anch’io, come te, ho smesso di credere alla favola delle calorie come unico metro di giudizio. Seguo da qualche mese un programma di online coaching con un trainer e un nutrizionista, e ti assicuro che il tuo discorso sull’indice glicemico mi risuona tantissimo.

Mangiare fuori è sempre stata una sfida per me, soprattutto perché all’inizio tendevo a fissarmi sul “non esagerare” senza pensare alla qualità di quello che sceglievo. Tipo, ordinavo un’insalata pensando di essere virtuosa, ma poi ci aggiungevo crostini di pane bianco o una salsa piena di zuccheri nascosti, e il risultato? Bilancia ferma e una fame pazzesca dopo un’ora. Da quando il mio coach mi ha spiegato come bilanciare i pasti fuori casa, sto molto più attenta a cosa metto nel piatto, e l’approccio Montignac che citi è praticamente in linea con quello che sto imparando.

Una cosa che mi piace del coaching online è che mi hanno dato strategie pratiche per non impazzire al ristorante. Ad esempio, cerco sempre di inserire qualcosa di nutriente ma con IG basso, come verdure o legumi, e magari aggiungo un po’ di noci o semi per dare croccantezza e grassi buoni senza appesantirmi. L’altro giorno, al posto del solito contorno di patate (che, come dici tu, sono una bomba glicemica), ho chiesto un mix di verdure grigliate con un cucchiaio di semi di zucca sopra. Risultato? Sazia, soddisfatta e senza quel senso di gonfiore post-cena.

Il lato positivo del coaching a distanza è che ti seguono passo passo: ogni settimana faccio una videochiamata con il nutrizionista, gli mando il diario alimentare e mi danno consigli su come migliorare. Mi hanno anche suggerito di portarmi dietro un piccolo mix di mandorle o semi di lino quando esco, così se il menu è scarso di opzioni sane ho sempre qualcosa da aggiungere. Il lato negativo? A volte mi manca un po’ il contatto diretto, e se non sono super organizzata rischio di perdere il ritmo. Però, onestamente, i risultati ci sono: ho perso 4 kg in tre mesi senza sentirmi a dieta, e mangiare fuori è diventato più un piacere che un’ansia.

Il tuo approccio mi piace un sacco, soprattutto la mini-tabella! Io sto ancora imparando a distinguere i cibi con IG basso, ma grazie al coaching sto iniziando a muovermi con più sicurezza. Tu come fai a non cedere alla tentazione di una pizza 00 quando sei fuori con amici? Racconta, che magari rubo qualche trucco!
 
Ehi, Aleksa, che bel colpo hai tirato con questo post! Mi hai proprio fatto venir voglia di condividere la mia esperienza, perché il tuo discorso sui carboidrati e sull’indice glicemico mi ha colpito in pieno. Anch’io sono uno di quelli che ha mollato il conteggio ossessivo delle calorie per dare più attenzione alla qualità di quello che metto nel piatto, e devo dire che la strategia del “cheat meal” settimanale mi sta dando una mano enorme, soprattutto quando si tratta di mangiare fuori.

Seguo da un po’ un approccio che prevede un pasto “di carico” una volta a settimana, quello che in gergo chiamo il mio “cheat meal”. Non è proprio un “mangio tutto quello che voglio senza pensare”, ma piuttosto un momento in cui mi concedo qualcosa di più libero, sempre con un occhio di riguardo. Tipo, se sono al ristorante e voglio godermi una pizza, cerco almeno una pizzeria che usi farina integrale o di farro, così l’impatto glicemico è più contenuto. Ma la vera svolta per me è stata capire come bilanciare il resto della settimana, e qui entra in gioco anche il discorso delle bevande, che spesso sottovalutiamo quando mangiamo fuori.

Prendiamo il tuo esempio della pasta al pomodoro con un bicchiere di vino. Ecco, il vino può essere un alleato o un nemico, dipende da come lo gestisci. Io ho imparato che un bicchiere di rosso secco, con un indice glicemico praticamente nullo, non mi crea problemi e si sposa bene con un piatto di lenticchie o una bistecca magra. Ma se inizio a sorseggiare bibite zuccherate o cocktail pieni di sciroppi, è la fine: mi sento appesantito e il giorno dopo la bilancia mi punisce. Stessa cosa con la birra, che citi nella tua tabella: buona, per carità, ma con quell’IG alto è una trappola per chi cerca di tenere sotto controllo la glicemia. Ora, quando esco, punto su acqua frizzante con una fettina di limone o, se voglio qualcosa di più sfizioso, un kombucha non zuccherato, che mi dà quel tocco di gusto senza mandare all’aria i miei sforzi.

Il cheat meal settimanale mi aiuta tantissimo anche a livello mentale. Sapere che il sabato sera posso rilassarmi e magari ordinare un dessert (sì, a volte cedo a una cheesecake, ma cerco quelle con base di frutta secca invece di biscotti raffinati) mi fa affrontare il resto della settimana con più serenità. Non è solo una questione di metabolismo: il mio umore ringrazia, perché non mi sento in gabbia. Ho notato che questo approccio mi evita quei crolli psicologici che avevo quando seguivo diete rigide basate solo sulle calorie. Tipo, prima mi capitava di sentirmi in colpa per un piatto di patatine fritte e poi finivo per abbuffarmi di schifezze per “compensare” lo sgarro. Ora, con il cheat meal programmato, so che il mio momento di sfogo arriva, e questo mi rende più disciplinato negli altri giorni.

Tornando al mangiare fuori, il tuo consiglio sulla scelta di cibi a basso IG è oro colato. Io sto ancora affinando la tecnica, ma ho preso l’abitudine di chiedere al cameriere com’è preparato un piatto. Ad esempio, se vedo “verdure” nel menu, chiedo se sono cotte al vapore o se sono affogate in olio e pangrattato. E per le bevande, cerco di stare lontano da tutto ciò che è zuccheroso. Una cosa che mi ha salvato in tante occasioni è portare con me una piccola bottiglietta di tè verde freddo (senza zucchero, ovviamente), che sorseggio se il menu delle bevande è un disastro. Certo, a volte i miei amici mi guardano strano, ma poi vedono che mangio con gusto e non mi lamento della bilancia, e allora iniziano a chiedermi consigli!

La tua mini-tabella è super utile, me la salvo per averla a portata di mano. Tu come gestisci le bevande quando sei fuori? E come fai a non farti tentare da un tiramisù o da una birra ghiacciata quando tutti intorno a te ordinano senza pensarci? Raccontami i tuoi trucchi, che sono curioso di imparare! E grazie per aver aperto questa discussione, mi sta dando un sacco di spunti per migliorare il mio approccio.