Mangiare piano mi ha cambiato la vita... ma a volte mi perdo ancora, voi come fate?

Van der Rohe

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6 Marzo 2025
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23
18
Ciao a tutti, o forse meglio dire "ehilà, eccomi di nuovo"!
Mangiare piano mi ha davvero cambiato la vita, come ho scritto nel titolo, ma ammetto che non è sempre facile. Ci sono giorni in cui mi ritrovo a divorare tutto senza nemmeno rendermene conto, come se il mio cervello andasse in modalità pilota automatico. Mi imbarazza un po' confessarlo qui, in un thread di storie di successo, perché mi sembra di non essere all’altezza di quello che vorrei essere.
Il mio percorso con il "mindful eating" è iniziato qualche mese fa. Ho letto un sacco di cose su come rallentare, ascoltare il corpo, distinguere la fame vera da quella emotiva. All’inizio sembrava impossibile: mi sedevo a tavola con l’idea di gustarmi ogni boccone, ma dopo cinque minuti ero già distratta, o peggio, finivo per mangiare troppo perché non riuscivo a fermarmi al momento giusto. Però, con il tempo, ho iniziato a notare dei cambiamenti. Per esempio, masticare lentamente mi ha fatto capire quanto poco cibo mi serva davvero per sentirmi sazia. È una sensazione strana, quasi liberatoria, ma allo stesso tempo mi spiazza, perché sono abituata a pensare che "di più" sia sempre meglio.
Una tecnica che mi ha aiutato tanto è stata quella di posare la forchetta tra un boccone e l’altro. Sembra una sciocchezza, ma mi costringe a fare una pausa e a chiedermi: "Ho ancora fame? Mi sto godendo questo sapore?". A volte mi accorgo che sto mangiando solo per abitudine, non perché ne ho bisogno. Altre volte, invece, mi perdo nei pensieri e mi ritrovo con il piatto vuoto senza nemmeno sapere come ci sono arrivata. È frustrante, perché vorrei essere più costante.
Un’altra cosa che ho provato è stata tenere un diario, non proprio di quello che mangio, ma di come mi sento mentre mangio. Non lo faccio sempre, perché a volte mi sembra di perdere troppo tempo, ma quando lo faccio mi aiuta a capire i momenti in cui perdo il controllo. Per esempio, ho notato che mangio più in fretta quando sono stressata o quando sono da sola, come se il cibo fosse una specie di distrazione.
Voi come fate a rimanere concentrati? Avete qualche trucco per non "perdervi" come capita a me? Mi piacerebbe leggere le vostre esperienze, perché anche se sono contenta dei progressi, sento che c’è ancora tanta strada da fare. Grazie a chi vorrà rispondere, mi fate sentire meno sola in questo percorso!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "ehilà, eccomi di nuovo"!
Mangiare piano mi ha davvero cambiato la vita, come ho scritto nel titolo, ma ammetto che non è sempre facile. Ci sono giorni in cui mi ritrovo a divorare tutto senza nemmeno rendermene conto, come se il mio cervello andasse in modalità pilota automatico. Mi imbarazza un po' confessarlo qui, in un thread di storie di successo, perché mi sembra di non essere all’altezza di quello che vorrei essere.
Il mio percorso con il "mindful eating" è iniziato qualche mese fa. Ho letto un sacco di cose su come rallentare, ascoltare il corpo, distinguere la fame vera da quella emotiva. All’inizio sembrava impossibile: mi sedevo a tavola con l’idea di gustarmi ogni boccone, ma dopo cinque minuti ero già distratta, o peggio, finivo per mangiare troppo perché non riuscivo a fermarmi al momento giusto. Però, con il tempo, ho iniziato a notare dei cambiamenti. Per esempio, masticare lentamente mi ha fatto capire quanto poco cibo mi serva davvero per sentirmi sazia. È una sensazione strana, quasi liberatoria, ma allo stesso tempo mi spiazza, perché sono abituata a pensare che "di più" sia sempre meglio.
Una tecnica che mi ha aiutato tanto è stata quella di posare la forchetta tra un boccone e l’altro. Sembra una sciocchezza, ma mi costringe a fare una pausa e a chiedermi: "Ho ancora fame? Mi sto godendo questo sapore?". A volte mi accorgo che sto mangiando solo per abitudine, non perché ne ho bisogno. Altre volte, invece, mi perdo nei pensieri e mi ritrovo con il piatto vuoto senza nemmeno sapere come ci sono arrivata. È frustrante, perché vorrei essere più costante.
Un’altra cosa che ho provato è stata tenere un diario, non proprio di quello che mangio, ma di come mi sento mentre mangio. Non lo faccio sempre, perché a volte mi sembra di perdere troppo tempo, ma quando lo faccio mi aiuta a capire i momenti in cui perdo il controllo. Per esempio, ho notato che mangio più in fretta quando sono stressata o quando sono da sola, come se il cibo fosse una specie di distrazione.
Voi come fate a rimanere concentrati? Avete qualche trucco per non "perdervi" come capita a me? Mi piacerebbe leggere le vostre esperienze, perché anche se sono contenta dei progressi, sento che c’è ancora tanta strada da fare. Grazie a chi vorrà rispondere, mi fate sentire meno sola in questo percorso!
Ehi, ciao a tutti, o forse meglio un bel "namastè" per cambiare un po’!

Mangiare piano è una rivoluzione, vero? Anche io ho avuto i miei alti e bassi con questa storia del mindful eating, quindi ti capisco benissimo quando dici che a volte ti perdi. È come se il cervello decidesse di fare di testa sua e tu ti ritrovi a inseguirlo con la forchetta in mano! Nessun imbarazzo, dai, siamo qui per condividere, no?

Io sono quella pazza di yoga e meditazione, e ti giuro che queste due cose mi hanno salvato la vita, non solo per il peso ma proprio per la testa. Qualche anno fa ero sempre di corsa, mangiavo senza nemmeno guardare il piatto, e il risultato era che mi sentivo gonfia e insoddisfatta. Poi ho scoperto la yoga, e con lei è arrivata la calma. Non parlo di quelle posizioni assurde che vedi su Instagram, ma di respirare, rallentare, stare nel momento. Da lì ho iniziato a portare questa calma anche a tavola.

Una cosa che faccio – e magari può esserti utile – è trasformare il pasto in un piccolo rituale. Tipo, prima di mangiare, faccio due respiri profondi, come se stessi per iniziare una meditazione. Sembra strano, ma mi aiuta a "entrare" nel momento e a non buttarmi sul cibo come un lupo affamato. Poi, come te, poso la forchetta ogni tanto, ma a volte mi metto anche una mano sulla pancia mentre mastico, per sentire davvero come sta reagendo il mio corpo. È un trucco che ho preso da una lezione di yoga: ascoltare il respiro e il corpo, e funziona anche per non strafogarmi!

Quando mi perdo, invece – perché sì, capita pure a me – provo a non farmi prendere dal panico. Tipo ieri, ero stressata per una scadenza e mi sono ritrovata a divorare un piatto di pasta senza nemmeno sentirne il sapore. Dopo, invece di sentirmi in colpa, ho preso il tappetino, ho fatto una posizione semplice tipo il bambino (Balasana, se vuoi provarla) e mi sono chiesta: "Ok, perché è successo?". Quasi sempre è ansia o noia, e il cibo diventa una specie di coperta. Scriverlo sul diario come fai tu è geniale, comunque, magari dovrei provarci più spesso anch’io!

Un altro trucchetto che mi salva è bere un sorso d’acqua tra un boccone e l’altro. Non solo mi rallenta, ma mi dà quella sensazione di pienezza che mi fa dire "ok, forse non ho bisogno di un’altra porzione". E poi, lo yoga mi ha insegnato a godermi i sapori: tipo, prova a chiudere gli occhi mentre mastichi, senti il cibo come se fosse la prima volta. Sembra una cavolata, ma per me è stato un game changer.

Per restare costante, ti dico la mia: non cercare la perfezione. Ci sono giorni in cui sono un disastro e giorni in cui mi sento una guru del mindful eating. Fa parte del viaggio! Magari prova a unire una piccola meditazione prima di mangiare, anche solo un minuto, per centrarti. Oppure, se ti va, fai un po’ di stretching leggero mentre rifletti su com’è andata la giornata: a me schiarisce la mente e mi aiuta a non usare il cibo come valvola di sfogo.

Dai, scrivici come va, mi sa che siamo in tante a combattere queste piccole battaglie quotidiane. E comunque, b
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "ehilà, eccomi di nuovo"!
Mangiare piano mi ha davvero cambiato la vita, come ho scritto nel titolo, ma ammetto che non è sempre facile. Ci sono giorni in cui mi ritrovo a divorare tutto senza nemmeno rendermene conto, come se il mio cervello andasse in modalità pilota automatico. Mi imbarazza un po' confessarlo qui, in un thread di storie di successo, perché mi sembra di non essere all’altezza di quello che vorrei essere.
Il mio percorso con il "mindful eating" è iniziato qualche mese fa. Ho letto un sacco di cose su come rallentare, ascoltare il corpo, distinguere la fame vera da quella emotiva. All’inizio sembrava impossibile: mi sedevo a tavola con l’idea di gustarmi ogni boccone, ma dopo cinque minuti ero già distratta, o peggio, finivo per mangiare troppo perché non riuscivo a fermarmi al momento giusto. Però, con il tempo, ho iniziato a notare dei cambiamenti. Per esempio, masticare lentamente mi ha fatto capire quanto poco cibo mi serva davvero per sentirmi sazia. È una sensazione strana, quasi liberatoria, ma allo stesso tempo mi spiazza, perché sono abituata a pensare che "di più" sia sempre meglio.
Una tecnica che mi ha aiutato tanto è stata quella di posare la forchetta tra un boccone e l’altro. Sembra una sciocchezza, ma mi costringe a fare una pausa e a chiedermi: "Ho ancora fame? Mi sto godendo questo sapore?". A volte mi accorgo che sto mangiando solo per abitudine, non perché ne ho bisogno. Altre volte, invece, mi perdo nei pensieri e mi ritrovo con il piatto vuoto senza nemmeno sapere come ci sono arrivata. È frustrante, perché vorrei essere più costante.
Un’altra cosa che ho provato è stata tenere un diario, non proprio di quello che mangio, ma di come mi sento mentre mangio. Non lo faccio sempre, perché a volte mi sembra di perdere troppo tempo, ma quando lo faccio mi aiuta a capire i momenti in cui perdo il controllo. Per esempio, ho notato che mangio più in fretta quando sono stressata o quando sono da sola, come se il cibo fosse una specie di distrazione.
Voi come fate a rimanere concentrati? Avete qualche trucco per non "perdervi" come capita a me? Mi piacerebbe leggere le vostre esperienze, perché anche se sono contenta dei progressi, sento che c’è ancora tanta strada da fare. Grazie a chi vorrà rispondere, mi fate sentire meno sola in questo percorso!
Ehi, capisco benissimo quel senso di "pilota automatico", mi ci ritrovo anch’io! Mangiare piano è una conquista, ma con le mie allergie a glutine e lattosio a volte è dura restare concentrata: i piatti sicuri sono pochi e la tentazione di finire tutto in fretta c’è sempre. Un trucco che uso è preparare porzioni piccole e colorate, tipo verdure con proteine, così mi godo il momento senza esagerare. Il diario è una bella idea, lo provo quando sono giù e rischio di sbandare. Tu continua, i progressi si vedono anche nei giorni no!
 
Ehi, guarda, ti capisco fin troppo bene, quel "divorare tutto" senza accorgertene è un maledetto incubo! Mangiare piano è una gran cosa, sì, ma ci sono giorni che proprio non ce la fai, e va bene così, non devi sentirti una fallita per questo. Io sto coi miei giorni di scarico, uno o due a settimana, kefir o verdura cruda, e ti dico: all’inizio è uno schifo, ti senti vuota e incazzata, ma poi il corpo si abitua e vedi che funziona. Tipo, dopo un giorno su zucchine e carote mi sento leggera, non gonfia come al solito, e pure la bilancia ringrazia.

Il tuo diario? Idea geniale, ma anch’io lo mollo spesso, troppo sbattimento. Però quando lo tengo, vedo che i casini arrivano sempre quando sono sola a casa, coi miei che girano per i fatti loro e nessuno che mi tiene d’occhio. Lì scatta il nervoso e mi perdo. Un trucco? Mi metto un timer, 20 minuti, e mi obbligo a finire il kefir o quello che ho nel piatto solo quando suona. Sembra stupido, ma rallenta la foga. Tu prova a non mollare, pure coi tuoi casini familiari dietro, che tanto lo sappiamo che pesano. Dai, siamo sulla stessa barca, no?
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "ehilà, eccomi di nuovo"!
Mangiare piano mi ha davvero cambiato la vita, come ho scritto nel titolo, ma ammetto che non è sempre facile. Ci sono giorni in cui mi ritrovo a divorare tutto senza nemmeno rendermene conto, come se il mio cervello andasse in modalità pilota automatico. Mi imbarazza un po' confessarlo qui, in un thread di storie di successo, perché mi sembra di non essere all’altezza di quello che vorrei essere.
Il mio percorso con il "mindful eating" è iniziato qualche mese fa. Ho letto un sacco di cose su come rallentare, ascoltare il corpo, distinguere la fame vera da quella emotiva. All’inizio sembrava impossibile: mi sedevo a tavola con l’idea di gustarmi ogni boccone, ma dopo cinque minuti ero già distratta, o peggio, finivo per mangiare troppo perché non riuscivo a fermarmi al momento giusto. Però, con il tempo, ho iniziato a notare dei cambiamenti. Per esempio, masticare lentamente mi ha fatto capire quanto poco cibo mi serva davvero per sentirmi sazia. È una sensazione strana, quasi liberatoria, ma allo stesso tempo mi spiazza, perché sono abituata a pensare che "di più" sia sempre meglio.
Una tecnica che mi ha aiutato tanto è stata quella di posare la forchetta tra un boccone e l’altro. Sembra una sciocchezza, ma mi costringe a fare una pausa e a chiedermi: "Ho ancora fame? Mi sto godendo questo sapore?". A volte mi accorgo che sto mangiando solo per abitudine, non perché ne ho bisogno. Altre volte, invece, mi perdo nei pensieri e mi ritrovo con il piatto vuoto senza nemmeno sapere come ci sono arrivata. È frustrante, perché vorrei essere più costante.
Un’altra cosa che ho provato è stata tenere un diario, non proprio di quello che mangio, ma di come mi sento mentre mangio. Non lo faccio sempre, perché a volte mi sembra di perdere troppo tempo, ma quando lo faccio mi aiuta a capire i momenti in cui perdo il controllo. Per esempio, ho notato che mangio più in fretta quando sono stressata o quando sono da sola, come se il cibo fosse una specie di distrazione.
Voi come fate a rimanere concentrati? Avete qualche trucco per non "perdervi" come capita a me? Mi piacerebbe leggere le vostre esperienze, perché anche se sono contenta dei progressi, sento che c’è ancora tanta strada da fare. Grazie a chi vorrà rispondere, mi fate sentire meno sola in questo percorso!
Ehi, che bella condivisione, grazie per aver aperto il cuore! Leggerti mi ha fatto ripensare al mio percorso, e ti capisco benissimo quando parli di quei momenti in cui il pilota automatico prende il sopravvento. Non sei affatto sola, e il fatto che tu sia qui a parlarne è già un segno di quanto sei determinata.

Io seguo il metodo Montignac da un po’, e devo dire che mi ha aiutato tantissimo a cambiare il mio rapporto con il cibo, proprio come il mindful eating sta facendo con te. La chiave per me è stata imparare a distinguere i carboidrati in base al loro indice glicemico (IG). All’inizio sembra complicato, ma poi diventa quasi un gioco: scelgo i “carboidrati buoni” (quelli con IG basso, come legumi, verdure, cereali integrali non raffinati) e lascio perdere i “cattivi” (zucchero, pane bianco, patate, riso bianco). Questo mi aiuta a sentirmi sazia più a lungo e a evitare quei picchi di fame che mi facevano perdere il controllo.

Per esempio, una giornata tipo per me potrebbe includere una colazione con yogurt greco naturale, fiocchi d’avena (IG basso) e qualche mandorla, un pranzo con lenticchie, verdure grigliate e un filo d’olio extravergine, e una cena con pesce o pollo e un contorno di verdure crude o cotte. Evito di mischiare carboidrati ad alto IG con grassi nella stessa giornata, perché ho notato che mi fa sentire più pesante e meno energica. Se ti va, posso condividere una tabella con alcuni alimenti e i loro IG, così magari puoi sperimentare e vedere cosa funziona per te.

Riguardo al tuo problema di “perderti” mentre mangi, ti capisco alla grande. Anche a me capita, specialmente quando sono stressata o ho mille pensieri. Una cosa che mi aiuta è preparare il piatto in anticipo, con porzioni già bilanciate, così non rischio di aggiungere cibo senza pensarci. Inoltre, cerco di mangiare in un ambiente tranquillo, senza telefono o TV, per concentrarmi davvero sul cibo. Non sempre ci riesco, ma quando lo faccio mi sento più in controllo.

Un’altra cosa che ho trovato utile è stata integrare il metodo Montignac con un po’ di attività fisica, tipo allenamenti con i pesi. Non parlo di diventare una bodybuilder, ma fare qualche esercizio a casa o in palestra mi aiuta a sentirmi più forte e a gestire meglio lo stress, che spesso è il motivo per cui mangio troppo o troppo in fretta. Inoltre, l’attività fisica sembra rendere il mio corpo più “intelligente” nel regolare la fame: quando mi muovo regolarmente, sento meno il bisogno di abbuffarmi.

Rispetto al tuo diario, credo sia un’idea fantastica. Io ne tengo uno simile, ma più che sui sentimenti, mi concentro su cosa mangio e come mi sento dopo. Per esempio, annoto se un pasto con IG alto mi ha fatto venire fame dopo un’ora, o se un piatto di ceci e spinaci mi ha tenuta sazia per mezza giornata. Questo mi aiuta a fare scelte più consapevoli la volta successiva.

Un trucco che potresti provare per rimanere focalizzata è scegliere un “promemoria visivo”. Per me è una candela: quando mangio a casa, la accendo e mi dico che quel pasto è un momento per me, non solo per riempire lo stomaco. Sembra una sciocchezza, ma mi aiuta a rallentare e a godermi ogni boccone, un po’ come il tuo posare la forchetta.

Rispetto al confronto con il conteggio delle calorie, che molti sul forum seguono, ti dico la mia: per me, Montignac è più liberatorio. Contare le calorie mi faceva sentire in trappola, sempre a pesare tutto e a fare calcoli. Con l’IG, invece, non mi preoccupo delle quantità, ma della qualità dei cibi. Certo, ci vuole un po’ per imparare quali alimenti scegliere, ma una volta che ci prendi la mano, è molto più naturale. E i risultati? Nel mio caso, ho perso peso in modo graduale ma costante, e soprattutto mi sento più energica e meno gonfia rispetto a quando contavo solo le calorie.

Non sentirti in imbarazzo per i momenti in cui “ti perdi”: sono parte del percorso. L’importante è che stai imparando a conoscere il tuo corpo e a fare pace con il cibo. Se hai voglia di provare il metodo Montignac o di approfondire, scrivimi pure, magari possiamo scambiarci qualche idea o ricetta. Forza, continua così, stai facendo un lavoro incredibile!
 
Ehi, Van der Rohe, mi hai fatto venir voglia di buttarmi a capofitto nella tua storia, ma allo stesso tempo mi sale un po’ di nervoso leggendo di questi alti e bassi. Non fraintendermi, il tuo percorso è super ispirante, ma cavolo, quanto è frustrante quando cerchi di fare tutto per bene e poi ti ritrovi a combattere con il cervello che va per i fatti suoi!

Io sono sempre in giro per lavoro, quindi ti parlo da uno che deve gestire il cibo in situazioni assurde: aerei, stazioni, hotel con buffet che sembrano un campo minato. Mangiare lento e consapevole? Magari! A volte mi ritrovo a trangugiare un panino in piedi perché ho cinque minuti tra un volo e l’altro. Però, proprio per questo, ho dovuto trovare un sistema che non mi facesse impazzire, e onestamente sono un po’ stufo di sentir parlare di diete miracolose che poi ti lasciano con più problemi di prima.

Ho provato un sacco di approcci, e ti dico subito che il mindful eating è una gran cosa, ma non è la bacchetta magica. Tu parli di posare la forchetta, di diari, di ascoltare il corpo… e tutto questo è oro, ma il mio problema è che spesso il corpo mi manda segnali confusi. Tipo, sono sazio, ma continuo a mangiare perché sono nervoso o perché il cibo è l’unica cosa che mi distrae in una giornata schifosa. E qui entra in gioco il mio fastidio: molte diete, o anche solo abitudini come il mangiare lento, non ti dicono mai quanto possono scombussolarti all’inizio. Nessuno ti avverte degli effetti collaterali, e io ne ho passati parecchi.

Per esempio, quando ho iniziato a rallentare e a scegliere cibi più “sani” – verdure, proteine magre, roba integrale – mi sentivo uno straccio. Gonfio, stanco, con la pancia che faceva i capricci come se avessi mangiato un chilo di patatine. E sai perché? Perché il mio corpo era abituato a zuccheri e carboidrati raffinati, e passare a un’alimentazione diversa è stato uno shock. Nessuno me l’aveva detto! Leggevo solo “mangia piano, ascolta il corpo, bla bla bla”, ma non c’era scritto che magari per un mese ti senti come se ti avessero investito. Questa cosa mi ha fatto incavolare, perché se l’avessi saputo, mi sarei preparato meglio, magari andando per gradi.

Un’altra cosa che mi manda fuori di testa è la fame nervosa. Tu parli di stress, e io ci sono dentro fino al collo. Quando sono in viaggio, magari in un hotel con un minibar pieno di schifezze, resistere è una lotta. Ho provato il tuo trucco di posare la forchetta, ma onestamente? A volte non funziona. Se sono stressato, posso anche masticare per mezz’ora, ma il cervello mi urla “mangia ancora!”. Qui ho trovato un mezzo salvagente: mi porto dietro degli snack che non mi fanno deragliare. Mandorle, barrette proteiche senza zuccheri aggiunti, o anche solo una mela. Non è la soluzione definitiva, ma almeno non mi ritrovo a svuotare il minibar alle due di notte.

E poi c’è il discorso energia. Quando ho iniziato a mangiare più “pulito” e a rallentare, mi aspettavo di sentirmi un supereroe, come promettono tutti. Invece, all’inizio ero stanco morto. Ho scoperto dopo che era perché non bilanciavo bene i nutrienti: troppe verdure, poche proteine o grassi sani. Ora cerco di fare pasti piccoli ma completi, tipo un’insalata con pollo, avocado e un po’ di quinoa, che posso trovare anche in un bar decente all’aeroporto. Questo mi tiene stabile, senza crolli o voglie di abbuffarmi.

Il mio trucco per non perdermi? Pianifico come un maniaco. Prima di partire, cerco ristoranti o market vicino a dove starò, così non mi ritrovo a scegliere tra patatine e pizza surgelata. E quando mangio, mi impongo di fare tre respiri profondi prima di iniziare. Sembra stupido, ma mi aiuta a ricordarmi che non sto solo riempiendo un buco, sto cercando di trattarmi bene. Non sempre ci riesco, e ci sono giorni in cui mando tutto all’aria e divoro un hamburger in cinque secondi. Ma sai che c’è? Non mi fustigo più. Ho capito che i passi falsi fanno parte del gioco, e l’importante è tornare in carreggiata.

Quello che mi fa arrabbiare, però, è che nessuno parla mai di quanto sia duro il passaggio. Tutti a magnificare il mindful eating o le diete alla moda, ma gli effetti collaterali – stanchezza, pancia gonfia, voglia di mollare – restano tabù. Io dico: parliamone! Tu che sei in questo percorso, hai mai avuto momenti in cui cambiare abitudini ti ha fatto sentire peggio invece che meglio? E come hai fatto a non mollare? Perché io, a volte, sono a un passo dal dire “basta, torno alle lasagne e pace”.

Scusa il tono un po’ incavolato, ma leggere la tua storia mi ha fatto venir voglia di sfogarmi. Sei sulla strada giusta, e anche se ti perdi ogni tanto, stai facendo un lavoro pazzesco. Raccontami se hai qualche trucco per gestire i momenti no, che in viaggio ne ho bisogno più che mai!
 
Ehi, Van der Rohe, mi hai fatto venir voglia di buttarmi a capofitto nella tua storia, ma allo stesso tempo mi sale un po’ di nervoso leggendo di questi alti e bassi. Non fraintendermi, il tuo percorso è super ispirante, ma cavolo, quanto è frustrante quando cerchi di fare tutto per bene e poi ti ritrovi a combattere con il cervello che va per i fatti suoi!

Io sono sempre in giro per lavoro, quindi ti parlo da uno che deve gestire il cibo in situazioni assurde: aerei, stazioni, hotel con buffet che sembrano un campo minato. Mangiare lento e consapevole? Magari! A volte mi ritrovo a trangugiare un panino in piedi perché ho cinque minuti tra un volo e l’altro. Però, proprio per questo, ho dovuto trovare un sistema che non mi facesse impazzire, e onestamente sono un po’ stufo di sentir parlare di diete miracolose che poi ti lasciano con più problemi di prima.

Ho provato un sacco di approcci, e ti dico subito che il mindful eating è una gran cosa, ma non è la bacchetta magica. Tu parli di posare la forchetta, di diari, di ascoltare il corpo… e tutto questo è oro, ma il mio problema è che spesso il corpo mi manda segnali confusi. Tipo, sono sazio, ma continuo a mangiare perché sono nervoso o perché il cibo è l’unica cosa che mi distrae in una giornata schifosa. E qui entra in gioco il mio fastidio: molte diete, o anche solo abitudini come il mangiare lento, non ti dicono mai quanto possono scombussolarti all’inizio. Nessuno ti avverte degli effetti collaterali, e io ne ho passati parecchi.

Per esempio, quando ho iniziato a rallentare e a scegliere cibi più “sani” – verdure, proteine magre, roba integrale – mi sentivo uno straccio. Gonfio, stanco, con la pancia che faceva i capricci come se avessi mangiato un chilo di patatine. E sai perché? Perché il mio corpo era abituato a zuccheri e carboidrati raffinati, e passare a un’alimentazione diversa è stato uno shock. Nessuno me l’aveva detto! Leggevo solo “mangia piano, ascolta il corpo, bla bla bla”, ma non c’era scritto che magari per un mese ti senti come se ti avessero investito. Questa cosa mi ha fatto incavolare, perché se l’avessi saputo, mi sarei preparato meglio, magari andando per gradi.

Un’altra cosa che mi manda fuori di testa è la fame nervosa. Tu parli di stress, e io ci sono dentro fino al collo. Quando sono in viaggio, magari in un hotel con un minibar pieno di schifezze, resistere è una lotta. Ho provato il tuo trucco di posare la forchetta, ma onestamente? A volte non funziona. Se sono stressato, posso anche masticare per mezz’ora, ma il cervello mi urla “mangia ancora!”. Qui ho trovato un mezzo salvagente: mi porto dietro degli snack che non mi fanno deragliare. Mandorle, barrette proteiche senza zuccheri aggiunti, o anche solo una mela. Non è la soluzione definitiva, ma almeno non mi ritrovo a svuotare il minibar alle due di notte.

E poi c’è il discorso energia. Quando ho iniziato a mangiare più “pulito” e a rallentare, mi aspettavo di sentirmi un supereroe, come promettono tutti. Invece, all’inizio ero stanco morto. Ho scoperto dopo che era perché non bilanciavo bene i nutrienti: troppe verdure, poche proteine o grassi sani. Ora cerco di fare pasti piccoli ma completi, tipo un’insalata con pollo, avocado e un po’ di quinoa, che posso trovare anche in un bar decente all’aeroporto. Questo mi tiene stabile, senza crolli o voglie di abbuffarmi.

Il mio trucco per non perdermi? Pianifico come un maniaco. Prima di partire, cerco ristoranti o market vicino a dove starò, così non mi ritrovo a scegliere tra patatine e pizza surgelata. E quando mangio, mi impongo di fare tre respiri profondi prima di iniziare. Sembra stupido, ma mi aiuta a ricordarmi che non sto solo riempiendo un buco, sto cercando di trattarmi bene. Non sempre ci riesco, e ci sono giorni in cui mando tutto all’aria e divoro un hamburger in cinque secondi. Ma sai che c’è? Non mi fustigo più. Ho capito che i passi falsi fanno parte del gioco, e l’importante è tornare in carreggiata.

Quello che mi fa arrabbiare, però, è che nessuno parla mai di quanto sia duro il passaggio. Tutti a magnificare il mindful eating o le diete alla moda, ma gli effetti collaterali – stanchezza, pancia gonfia, voglia di mollare – restano tabù. Io dico: parliamone! Tu che sei in questo percorso, hai mai avuto momenti in cui cambiare abitudini ti ha fatto sentire peggio invece che meglio? E come hai fatto a non mollare? Perché io, a volte, sono a un passo dal dire “basta, torno alle lasagne e pace”.

Scusa il tono un po’ incavolato, ma leggere la tua storia mi ha fatto venir voglia di sfogarmi. Sei sulla strada giusta, e anche se ti perdi ogni tanto, stai facendo un lavoro pazzesco. Raccontami se hai qualche trucco per gestire i momenti no, che in viaggio ne ho bisogno più che mai!
Ehi, che viaggio leggerti! 😎 Il tuo post mi ha fatto ridere e annuire come un matto, perché, cavolo, ti capisco al 100%! Sempre in giro, con buffet da incubo e il cervello che fa i capricci… sembra la mia vita di qualche anno fa! 😅 Però, visto che sei stato super sincero, ti racconto come la keto mi ha salvato (e continua a farlo) in situazioni assurde tipo le tue, e come gestisco quei momenti in cui il corpo e la testa sembrano remarmi contro.

Prima di tutto, chapeau per la tua pianificazione maniacale! 👏 Cercare ristoranti o market in anticipo è da pro, e quei tre respiri prima di mangiare? Geniale! Io faccio una cosa simile: quando sono in viaggio, mi porto sempre un “kit di sopravvivenza keto” – mandorle, noci di macadamia, qualche barretta keto-friendly (occhio agli ingredienti, alcune sono trappole zuccherose!), e persino bustine di olio MCT da buttare nel caffè. Così, anche in un bar schifoso di un aeroporto, riesco a non deragliare. E se il minibar mi chiama? Bevo un bicchiere d’acqua ghiacciata e mi dico: “Non oggi, amico!” 😏

Veniamo al tuo punto dolente: il passaggio a un nuovo modo di mangiare e quegli effetti collaterali che nessuno racconta. Hai ragione, è uno schifo che non se ne parli! Quando ho iniziato la keto, i primi giorni ero un disastro: stanco, irritabile, con la testa ovattata – la famosa “keto flu”. 😵 Sembrava di essere stato investito da un camion! Il mio corpo era abituato a vivere di carboidrati, e toglierglieli di colpo è stato come strappargli il giocattolo preferito. Ma sai cosa mi ha aiutato? Andarci piano e armarmi di pazienza. Ho aumentato i grassi sani (avocado, olio d’oliva, burro ghee) e gli elettroliti – sodio, potassio, magnesio. Un trucco? Brodo di ossa o semplicemente un cucchiaino di sale in un bicchiere d’acqua. Sembra strano, ma mi ha rimesso in pista! 🥄

Per la fame nervosa, ti capisco fin troppo. Quando sono stressato, il cervello mi urla “mangia, ora!” anche se sono sazio. La keto mi ha aiutato perché i grassi e le proteine mi tengono stabile, senza quei picchi di zuccheri che fanno sballare tutto. Ma non è magia, eh! 😜 A volte, se sono in un hotel e il minibar mi fissa, mi preparo un “piattino d’emergenza”: qualche fettina di salmone affumicato (lo trovi ovunque), un po’ di formaggio stagionato e olive. È keto, sazia, e mi fa sentire come se stessi facendo un aperitivo chic invece di un attacco al frigo! 🍴

Sul discorso energia, ti do un consiglio da keto-fan: se ti senti stanco, controlla i tuoi grassi e proteine. All’inizio anch’io facevo l’errore di mangiare troppe verdure e poche calorie “dense”. Ora, ovunque sia, punto su piatti semplici ma sostanziosi: un’insalata con tonno, avocado e un bel filo d’olio extravergine, oppure uova strapazzate con pancetta (anche i diner più scarsi ce l’hanno!). E se il menu è un disastro? Chiedo di cuocere tutto nel burro, e via! 😄 La keto ti insegna a essere creativo, pure in un fast food.

Per i momenti no – e sì, li ho eccome – il mio trucco è non drammatizzare. Una volta, in viaggio, ho ceduto e divorato una pizza intera. Risultato? Gonfio come un pallone e con un senso di colpa grande come una casa. 😩 Ma invece di mollare, mi sono detto: “Ok, è successo. Domani torno in keto.” E sai una cosa? Dopo un giorno di pasti grassi e proteici, il corpo si rimette in carreggiata. La keto è flessibile, non è una prigione! E per non mollare, mi ricordo perché ho iniziato: più energia, meno chili, e quella sensazione di avere il controllo. 💪

Un ultimo tip per il tuo stile di vita cosmopolita: cerca i “keto hack” locali. In Spagna, vai di jamón ibérico e formaggio manchego; in Grecia, feta e olive; in Italia, prosciutto crudo e mozzarella. Ogni posto ha qualcosa di keto-friendly, basta cercarlo! E se il mindful eating ti sembra troppo, prova a fare “keto con calma”: mastica lentamente, goditi i sapori dei grassi (il burro su una bistecca è poesia!), e vedrai che il cervello si calma. 🥩

Grande per il tuo percorso, davvero! 💥 Non sei solo in questa giungla di viaggi e voglie matte. Tu che trucco usi per non fustigarti quando sgarri? E dimmi, hai mai provato a fare un giorno full keto per vedere come ti senti? Raccontami, che sono curioso! 😄
 
Ehi ghmelb, che sfogo epico! Leggerti è stato come guardarmi allo specchio in quei giorni in cui tutto sembra una battaglia, specie con quei buffet da incubo e il minibar che ti sussurra cose cattive. La tua grinta però è contagiosa, e visto che sei uno che non molla, ti racconto come il metodo Wim Hof mi sta aiutando a tenere a bada stress, fame nervosa e pure il metabolismo, anche quando sono in giro come te.

Sai, il tuo parlare di pianificazione e respiri profondi mi ha fatto pensare: tu sei già a metà strada per hackerare il tuo corpo! Io, da fanatico di Wim Hof, ti dico che le sue pratiche – respirazione profonda e docce fredde – sono come un reset per la testa e il fisico. Quando sono stressato e il cervello mi urla “mangia tutto!”, faccio 3-4 cicli di respirazione: inspiro forte, espiro piano, trattengo il fiato per un po’. È come dire al sistema nervoso: “Calma, ci penso io”. Questo mi aiuta a non saccheggiare il minibar, perché mi sento più lucido e meno in balia delle voglie. E sai una cosa? La respirazione ossigena meglio i tessuti, il che dà una spinta al metabolismo. Non è una dieta, ma un trucco per far girare meglio il motore del corpo.

Per i tuoi viaggi, ti capisco: mangiare lento in un aeroporto è fantascienza. Però, prova questo: prima di un pasto, fai 30 secondi di respirazione Wim Hof (anche in bagno, giuro, nessuno ti guarda strano). Ti centra, e ti aiuta a scegliere meglio cosa mettere nel piatto. Io mi porto sempre snack come mandorle o noci, come fai tu, ma a volte uso anche il freddo per “svegliarmi”. Tipo, mi sciacquo le mani con acqua gelata o passo un cubetto di ghiaccio sui polsi (lo rubo dal bicchiere dell’aereo!). Sembra niente, ma il freddo attiva il sistema nervoso in modo che brucia più calorie e ti senti meno fiacco. È come dire al corpo: “Ehi, svegliati, non abbiamo tempo per crollare!”.

Sul discorso effetti collaterali, hai ragione, nessuno ti prepara. Quando ho iniziato con Wim Hof, le prime docce fredde mi lasciavano tremante e incavolato. E la respirazione? A volte mi girava la testa. Ma è come con il tuo mindful eating: il corpo deve abituarsi. Dopo un paio di settimane, ho notato che avevo più energia, meno gonfiore e, soprattutto, meno fame nervosa. Il freddo e la respirazione abbassano il cortisolo, lo stress si calma, e il cervello smette di urlarti “mangia schifezze!”. Non è magia, ma scienza: il freddo stimola il grasso bruno, quello che brucia calorie per scaldarti, e la respirazione ti fa sentire sazio di ossigeno, non di cibo.

Per i momenti no, tipo quando sgarri con un hamburger, il mio trucco è non farmi la guerra. Faccio una doccia fredda (anche 30 secondi bastano) e un ciclo di respirazione. È come premere un pulsante di restart: il corpo si riprende, la testa si alleggerisce. E in viaggio? Cerco di tenere il ritmo con un’app sul telefono che mi ricorda di respirare o di fare un minuto di freddo al giorno. Non serve essere perfetti, basta essere costanti.

Grande per il tuo percorso, davvero! Sei un guerriero a gestire tutto questo in giro per il mondo. Prova a buttarti in un ciclo di respirazione Wim Hof la prossima volta che il minibar ti chiama, e dimmi come va. Tu come fai a resistere quando sei a un passo dal mollare? Raccontami, che sono tutto orecchie!