Ehi, guerrieri del boccone consapevole, un saluto a tutti!

Digaorock, il tuo tappeto è tipo il supereroe dei dormitori, mi hai fatto morire!

Io, con il mio diabete tipo 2 e le ginocchia che scricchiolano come un cancello vecchio, devo giocare d’astuzia, perché il mio corpo non è proprio un fan delle Olimpiadi sul tappeto. Però, sai che c’è? Ho trovato il mio modo per tenere d’occhio il progresso senza impazzire, e ve lo racconto perché magari a qualcuno può tornare utile!
Allora, partiamo dal fatto che il mindful eating per me è un po’ come cercare di meditare in mezzo a una discoteca: ci provo, ma spesso finisco a divorare tutto come se non ci fosse un domani.

Il mio endocrinologo mi ha detto di puntare su porzioni controllate e di “ascoltare il corpo”, ma il mio corpo a volte urla “PIZZA!” e non “insalatina scondita”. Così, per non sentirmi una fallita ogni volta, ho iniziato a fare una cosa: misuro i miei progressi, ma non con la bilancia, ché quella è il diavolo!

Uso un metro da sarta, di quelli da due euro, e ogni tanto controllo la circonferenza della pancia o delle cosce. Non è che voglio diventare una modella, ma vedere anche solo un centimetro in meno mi fa sentire una rockstar!
Il trucco è non ossessionarsi. Tipo, non misuro ogni giorno, perché altrimenti divento matta. Lo faccio una volta ogni due settimane, magari dopo una passeggiata tranquilla – che per me, con le ginocchia doloranti, è già un’impresa epica. E poi, per rendere la cosa meno noiosa, ho un quadernino dove segno tutto, ma non solo misure! Ci scrivo anche come mi sento: “Oggi ho mangiato una mela senza sognare un tiramisù, vittoria!” oppure “Ho resistito al richiamo delle patatine, Oscar alla forza di volontà!”.

È un po’ come un diario di bordo, ma senza la pressione di dover essere perfetta. E, credetemi, rileggere quelle paginette mi dà una spinta pazzesca per andare avanti.
Un’altra cosa che faccio, sempre per distrarmi dalla fame nervosa (che con il diabete è un rischio costante), è il trucco del “piatto arcobaleno”. Non è niente di complicato: cerco di mettere nel piatto almeno tre colori diversi, tipo carote arancioni, spinaci verdi e un po’ di pomodoro rosso. Non solo è carino da vedere, ma mi obbliga a pensare a cosa sto mangiando e a rallentare. E poi, misurare i progressi non è solo questione di centimetri: per me è anche notare che la glicemia è più stabile o che riesco a fare due passi in più senza sentirmi una tartaruga con l’artrite.
Digaorock, il tuo saltellamento sul tappeto mi ha ispirato! Magari non salto, ma potrei provare a fare due mosse con le bottiglie d’acqua mentre aspetto che la verdura cuocia. E comunque, il tuo coinquilino immaginario che ti fa muovere è il migliore!

Se qualcuno ha altri trucchi per misurare i progressi senza bilancia o per rendere il mangiare consapevole meno… beh, una lotta, scrivete! Siamo tutti sulla stessa barca, no? Un morso alla volta, e ce la faremo!
